All’indomani della seconda manche del Campionato Mondiale Endurance 2014, la sensazione è che quest’anno come non mai, la 24 ore di Le Mans potrebbe ritornare ad essere una delle gare più spettacolari della stagione, cosa che francamente non succedeva da lungo tempo a questa parte. La Toyota, dopo la rocambolesca doppietta nella gara di apertura a Silverstone, ha colto un nuovo successo nel tempio dell’automobilismo, dimostrando una notevole maturazione dopo due anni di apprendistato; anche la Porsche h a risposto alla scarsa competitività della gara d’esordio con una prestazione maiuscola, cogliendo un risultato mediocre soltanto a causa dei problemi tecnici più o meno seri che hanno afflitto le due 919. Per contro qualche limite sul fronte della competitività lo hanno evidenziato le Audi, il cui sistema ibrido sembra pagare dazio rispetto a quelli più evoluti della concorrenza, ma non va dimenticato che la casa di Ingolstadt è riuscita più volte a ribaltare i pronostici nel corso della classica della Sarthe grazie ad una gestione di gara di livello superiore. Se si esclude la terza R18 in configurazione Le Mans, dal punto di vista tecnico le novità portate dai tre top team a Spa sono state davvero poco, ma anche questo non deve trarre in inganno: inutile bruciare gli aggiornamenti a poco più di un mese dalla gara che da sola vale un campionato, soprattutto su di una pista che ha poco in comune con le Mans. Per quelli bisognerà attendere le prove collettive di fine maggio e, siamo quasi sicuri, in quella occasione si rivedranno i paraventi che avevano contraddistinto il primo giorno di prove al Castellet.
Da segnalare soltanto che la Toyota, differentemente da Silverstone, ha affrontato la trasferta belga utilizzando il frontale a basso carico che rivedremo a Le Mans mentre l’equivalente proposto da Audi sulla terza vettura iscritta non ha più contemplato la coda lunga, vista lo scorso anno, bensì un cofano motore più basso nella parte posteriore con gli scarichi motore incorporati e le aperture obbligatorie del vano anteriore pneumatici spostati dalla parte superiore a quella interna dei passaruota. Interessante anche l’adozione di due turning vanes in uscita dal vano ruota posteriore.
Ritardato ulteriormente il debutto della nuova Dome, il cui frontale sembra non rispettasse il regolamento introdotto per questa stagione, a Spa è stata ufficialmente presentata la Rebellion R-One: che il progetto sia riconducibile all’Oreca, lo si appura da un semplice sguardo ad alcune scelte tecniche. I pontoni laterali sono in linea con quelli della Oreca 01, così come i turning vanes davanti alle prese d’aria rassomigliano a quelli utilizzati sulla stessa barchetta quando veniva iscritta tra le P1. Il frontale è abbastanza atipico, con il musetto piuttosto largo, ma lo schema delle prese d’aria per i freni integrate viste sugli altri prototipi è pressoché lo stesso. Altre rassomiglianze con l’Oreca si hanno nella coda, ma l’idea è che si sia cercato di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, e perché no, con la minima spesa. Su questa linea è da interpretare la scelta di utilizzare i fari presentati a suo tempo sulla Peugeot 908 versione Hybrid, che già all’epoca avevano sollevato perplessità relativamente la capacità luminosa. Resta comunque il fatto che il prodotto finale di casa Oreca è esteticamente discutibile e, soprattutto, profondamente differente dal rendering proposto in autunno. Ovviamente i responsi della pista non sono stati certo lusinghieri con i prototipi svizzeri, apparsi particolarmente in difficoltà nei curvoni da media velocità ma, considerando che la gara di Spa rappresentava per la squadra poco più di un rodaggio, giudizi prematuri rischierebbero di essere fuorvianti. Certo è che la strada per migliorare le prestazioni garantite a suo tempo dalle vecchie Lola sembra davvero lunga, sempre che si dimostri che le versioni Coupè, stante l’attuale regolamento, siano vantaggiose non solo per i P1 Ibridi ma anche per i P1 Light e per le P2. Maggiori indicazioni a riguardo dovrebbero aversi a Le Mans dove, almeno teoricamente vedremo la Lotus 129, la Dome S103 e la nuova Ligier JS P2.
Molto interessante appare la situazione tra le GTPro, con la Ferrari apparsa rinata grazie ai nuovi rapporti di equivalenza introdotti dopo Silverstone. Anche la Aston Martin è decisamente migliorata sia in prova che in gara, mentre la Porsche è risultata decisamente meno competitiva rispetto alla tappa iniziale, dove invece aveva dominato. Resta ancora da capire se le berlinette di Stoccarda abbiano affrontato la prova belga al massimo delle loro possibilità o se si siano nascoste con il proposito di evitare ulteriori correttivi in previsione della 24 ore.
Per il resto non ci resta che chiederci quante vetture scenderanno in pista a Le Mans dopo i numerosi ritiri delle ultime settimane: ad oggi restano 56, ma in ultimo, la prospettiva di trovare qualche garage vuoto non sembra poi così remota.
A coronamento di una giornata nel corso della quale il meteo simil invernale è stato assoluto protagonista, la sessione di qualifiche si è svolta in condizioni tanto variabili da costringere meccanici e piloti ad un ritmo da gara sprint, soprattutto nella mezz’ora riservata ai prototipi. Pur riconoscendo che le prove si sono svolte tra le 19:20 e le 20:30, una temperatura dell’aria di poco superiore ai 7 gradi e un tasso di umidità a tratti superiore al 90° fanno ben capire lo sforzo profuso. All’accendersi del semaforo verde, i piloti della categoria GT scesi in pista hanno dovuto fronteggiare un tracciato allagato dalla forte pioggia abbattutasi sull’area quando la seconda sessione di prove libere era appena terminata. Dopo la prestazione non proprio eccelsa di Vilander, Bruni ha stabilito il miglior tempo assoluto, ripetendosi poi con una tornata equivalente che ha permesso di ottenere la Pole Position non senza qualche preoccupazione: ad impensierire il duo ha pensato Turner, che salito sulla Aston Martin al posto di Mucke, ha registrato dei crono simili a quelli di Bruni, chiudendo a soli due decimi di ritardo. Vicinissimi anche Holzer e Makowiecki sulla Porsche, seguiti da Pilet-Bergmeister più staccati. Appassionante anche la lotta tra le GTAm, con Cioci-Venturi-Perez Companc che hanno preceduto di pochissimo la Porsche di Collard-Perrodo-Vaxivière mentre il povero Ruberti, dopo aver realizzato tempi da primato ha visto la sua Ferrari scivolare sempre più indietro a causa della poca competitività del compagno Potolicchio.
Se la mezz’ora riservata alle GT è stata appassionante, quella dei prototipi è stata addirittura epica. Tutti i protagonisti sono scesi subito in pista nel timore di ritrovare la pioggia nel mezzo della sessione, ma il progressivo asciugarsi del tracciato ha costretto gli equipaggi a gestire un doppio cambio pilota, con coloro che per primi erano scesi in pista costretti a ripresentarsi nelle fasi finali per migliorare i precedenti cronometraggi. Alla fine ha avuto la meglio la Porsche 919 di Jani-Lietz-Dumas, che ha preceduto di oltre mezzo secondo la Toyota TS040 di Buemi-Lapierre-Davidson, che per lungo tempo era rimasta al comando. Terza la Audi R18 di Fassler-Lotterer-Treluyer, seppur staccata di 1”3, davanti alla seconda Toyota e alla seconda Porsche. A chiudere le Audi di DiGrassi-Duval-Kristensen e quella di Albuquerque-Bonanomi. Vita difficile invece per le due Rebellion, con Prost-Heidfeld-Beche addirittura dietro le P2 mentre la seconda vettura non è riuscita neppure a concludere un giro completo dopo essere stata costretta ai box nel corso delle sessioni di libere a causa di un problema di natura elettrica. Tra le P2 presenti ha avuto la meglio l’Oreca KGMC di Imperatori-Howson-Bradley davanti alla Morgan di Pla-Rusinov-Canal. Non è scesa invece in pista l’Oreca dell’SMP di Shaitar-Ladygin-Ladygin, gravemente danneggiata dopo l’uscita di pista al Raidillon nel corso della seconda sessione di libere quando alla guida era Shaitar.
La mattina del sabato, nello scrutare il cielo dalla nostra camera d’albergo, abbiamo avuto l’impressione di esserci appena risvegliati da un lungo letargo. Il cielo azzurro che si presentava dinnanzi ai nostri occhi, faceva sembrare il clima rigido del venerdì soltanto un lontano ricordo. Cancellato il warm-up a partire da questa stagione, si è dovuto attendere ben oltre mezzogiorno per veder scendere in pista le 28 vetture che avrebbero animato la sei ore più impegnativa dell’anno. L’Oreca dell’SMP che non aveva potuto prendere parte alle prove è stata inserita in griglia come ultima vettura dei prototipi, mentre alla Rebellion n°13 è stato concesso di partire dai box: il secondo prototipo del team svizzero vivrà comunque un nuovo calvario, costretta a partire soltanto nel corso del terzo giro e spesso costretta ai box nel corso della gara.
La bandiere verde che ha lanciato i protagonisti è stata sventolata da chi a Spa ha vissuto momenti importanti della propria carriera: Jochen Mass, vincitore di questa gara in ben tre occasioni.
Pochi minuti dopo è stato lo spegnersi del semaforo rosso che ha dato il via alla gara. Jani e Lapierre hanno mantenuto le prime due posizioni mentre Sarrazin si è installato in terza posizione, prima di retrocedere in quinta all’altezza di Les Combes, dietro a Lotterer e Bernhard. Mentre i due capofila hanno dettato il ritmo, le Audi sono apparse subito in difficoltà tant’è che nel giro di due tornate Lotterer è stato superato da Bernhard e da Sarrazin, subendo anche il ritorno di Duval nel corso del quarto giro. Le Audi, pur velocissime nel tratto misto del circuito, perdevano regolarmente un secondo a tornata.
Al nono giro improvvisamente Bernhard è rientrato ai box: ciò che sembrava una sosta anticipata si è rivelata una sosta inattesa a causa di problemi ad una sospensione che avrebbero condizionato l’intera gara della 919, con lunghe soste ai box. Nel frattempo anche la classifica delle P2 ha subito uno scossone con Minassian, in lotta con Bradley e Pla per la prima posizione, costretto ad un drive through per partenza anticipata.
La gara ha assunto un andamento statico, risvegliandosi intorno al ventesimo giro con le prime soste ai box. Le Toyota sono state le prime a rientrare e le uniche ad effettuare il cambio pilota, con Buemi e Nakajima che hanno preso posto nei rispettivi abitacoli. Lo svizzero si è ritrovato quarto, ma in poche tornate si è liberato di Duval con un sorpasso di prepotenza all’Eau Rouge e di Lotterer con una facile manovra in pieno Kemmel, a dimostrazione della maggiore velocità delle Toyota. Alcuni giri dopo anche Duval ha sopravanzato Lotterer alla Source, imitato da Nakajima a Les Combes. Per il due volte vincitore di Le Mans non sembrava essere la giornata giusta. La situazione ha cominciato a definirsi tra le P2, con Pla ampiamente al comando dopo un bel sorpasso al Raidillon ai danni di Bradley, mentre tra le GT Pro e le GTAm, dopo un’iniziale dominio Ferrari, le Aston Martin hanno preso il comando, permettendosi il lusso di fare un doppio turno con le stesse coperture.
Davanti Buemi continuava ad essere molto rapido e recuperava qualche secondo su Jani, ma soprattutto distaccava sempre più le Audi, ormai relegate al quarto, quinto e sesto posto dopo il bel sorpasso di Nakajima ai danni di Duval.
Intorno al 45° giro si riapriva il festival delle soste ai box, che regalavano molte soddisfazioni a Toyota: sfruttando i cambi piloti degli avversari Buemi si ritrovava primo davanti a Lietz e Nakajima continuando ad incrementare il proprio vantaggio. In questa fase Buemi precedeva Lietz di 8”, Nakajima di 29”, Kristensen di 40”, Treluyer di 1’24”.
Nell’ora successiva al vertice della corsa succedeva davvero poco, mentre in GTPro la battaglia tra le Ferrari e le Aston Martin impazzava, con le Porsche che, più staccate, sembravano pagare non poco i 25kg di zavorra previsti dopo Silverstone. In P2 continuava a condurre con buon margine la Morgan, sulla quale era salito Rusinov, mentre in GTAm si ripeteva la lotta tra Aston Martin e Ferrari, con Dalla Lana che conduceva su Heinemeier-Hansson e su Perez Companc.
Nel corso della quarta ora, quando sulla Toyota di testa conduceva Davidson, la 919 che occupava la seconda posizione rallentava vistosamente: Dumas, salito da soltanto due giri sul prototipo, doveva fare i conti con un problema di elettronica legato all’ibrido e, nel corso dei due giri successivi, era costretto ad avviare la procedura di reset che gli avrebbe consentito di riprendere la gara a pieno ritmo. In questa fase tuttavia è retrocesso in quarta posizione, a tutto favore della Audi di Di Grassi e alla Toyota di Wurz, distaccate tra di loro di una manciata di secondi. Intanto in GTPro la Ferrari di Bruni-Vilander aveva scavato un certo margine sugli avversari ma, soprattutto, le strategie delle soste retrocedevano le Aston Martin a favore della Ferrari di Rigon-Calado e della Porsche di Pilet-Bergmaister. Stesso discorso tra le GTAm, dove Cioci passava in testa davanti alle Aston Martin.
La gara non offriva più sorprese nelle ultime due ore. A tagliare vittorioso il traguardo era Lapierre, che aveva ripreso il volante della Toyota, seguito da Duval e Sarrazin, staccati di oltre un minuto dal vincitore ma vicinissimi tra di loro. Solo quarto Jani sulla 919 che per oltre mezza gara aveva cullato sogni di vittoria.
Tra le P2 si concludeva positivamente la cavalcata della Morgan del G-Drive, davanti alla Zytek del team Jota e all’Oreca del KCMG, mentre in GTPro Bruni e Vilander raccoglievano i frutti di una gara tutta d’attacco, precedendo Pilet-Bergmeister, rinati nell’ultima parte di gara e l’altra Ferrari di Rigon-Calado.
Uno sguardo infine alla GTAm, con un nuovo successo delle Ferrari AF Corse di Cioci-Venturi-Perez Companc davanti alle Aston Martin di Poulsen-Heinemeier Hansson-Stanaway e di Nygaard-Dalla Lana-Lamy.
Prossimo appuntamento con il WEC, la mitica 24 ore di Le Mans a metà giugno. Ovviamente in compagnia di Connectingrod.
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