Lancia Rally 037

"B" come Belva

Non è semplice occuparsi di una Gruppo B come la 037: è facile lasciarsi prendere dall'entusiasmo e magnificare queste belve dalle forme strepitose e dalla tecnologia estrema, frutto di un regolamento che non è mai stato così libero ed estremo. E' fantastico chiudere gli occhi ed inebriarsi delle epiche battaglie sulle strade di mezzo mondo, in un'epoca che ha visto riuniti nella stessa sfida un numero impressionante di talenti. E' bello sfogliare i libri dell'epoca ed osservare queste incredibili macchine in azione, salvo poi risvegliarsi bruscamente dal sogno e ricordarsi che le belve possono anche uccidere: Bettega, Toivonen, Cresto, senza contare quelli che hanno picchiato duro e la morte se la sono vista passare davanti agli occhi. Ricordo la lettera di un appassionato ad una rivista specializzata, nella quale si chiedeva a gran voce il ritorno delle Gruppo B. Il giornalista che gli rispose aveva vissuto in diretta quel periodo e raccontava l'angoscia di vedere piloti ed amici partire per le prove speciali, senza sapere se li avrebbe ancora rivisti. E' giusto convivere con una tale angoscia? Di queste piccole considerazioni facciamo tesoro, nel momento di accingerci a raccontare la storia della 037, una vettura che, con alterne fortune, ha attraversato la storia del Gruppo B, lasciando una traccia indelebile nei ricordi degli appassionati e nella storia dei rally.

In principio fu il regolamento

Ad inizio anni '80 la F.I.S.A. decide di mettere mano al regolamento del Mondiale Rally. E' un periodo florido per l'industria automobilistica, ed il mondo delle corse ne risente positivamente sotto forma di grassi budget da investire nelle corse. Fino a quel momento il mondo dei rally è stato dominato dalle Gruppo 4, vetture prodotte in non meno di 400 esemplari nel corso di un anno solare. Perché impegnare le case nella costruzione di così tanti esemplari quando, con lo stesso budget, se ne potrebbero produrre meno ma con un profilo tecnologico nettamente più elevato, a tutto vantaggio dello spettacolo e dell'immagine delle industrie che partecipano direttamente al mondiale? E' come se improvvisamente si fosse deciso di spezzare quello storico legame tra vetture da rally e macchine di serie, per avvicinarle alle monoposto di Formula 1 e alle Sport Prototipo, che utilizzano tecnologie e conoscenze nettamente estreme. Se negli anni '70 la Stratos rappresentava l'eccezione, cioè una bestia nata per correre, prodotta in serie in ossequio ai regolamenti, ma al costo di pesanti perdite finanziarie, con i nuovi raggruppamenti diventa la normalità. Ora ogni squadra può avere la sua Stratos. La F.I.S.A. delinea tre nuove categorie: il pianeta terra, costituito dal Gruppo N, vetture di serie con quattro posti prodotte in almeno 5.000 unità e senza sostanziali modifiche rispetto alla versione di serie. La via di mezzo, ovvero il Gruppo A, vetture da Gran Turismo a quattro posti prodotte in almeno 5.000 esemplari in dodici mesi, con modifiche consentite su meccanica e telaio ma non sulla carrozzeria. Infine, la luna, o le Gruppo B, vetture sport costruite in 200 unità con modifiche ammesse su meccanica e carrozzeria. In quest'ultima classe si aggiunge il concetto d'evoluzione: il progetto iniziale può essere profondamente rimaneggiato, a patto di produrre almeno 20 esemplari con le nuove specifiche. Ciò consentirà alle case di mettere mano ai modelli ad un costo relativamente basso. Inoltre, il Gruppo B è diviso in due sottocategorie sulla base della cilindrata sportiva (cilindrata effettiva del motore x coefficiente 1,4). Il divergente è fissato a 3.000cc, sotto il quale il peso minimo consentito è di soli 960 kg, mentre al di sopra è di 1.100. Questa scelta regolamentare sarà alla base di una corsa generale alla leggerezza, proprio in un momento in cui le potenze crescono a dismisura in virtù di tecniche di sovralimentazione sempre più sofisticate. L'anno prefissato per l'attuazione della nuova normativa è il 1982. Mentre le commissioni federali stanno studiando la rivoluzione di carta, un'altra rivoluzione altrettanto importante sta per irrompere sulle prove speciali dei rally: annunciata nel 1980 e schierata ufficialmente nel 1981, l'Audi Quattro si affaccia nel mondiale ed inizia a far sentire la sua presenza. I tedeschi non sono mai stati grandi frequentatori dei campi di gara, ma nel momento in cui hanno deciso di buttarcisi sono sicuri di avere in mano la carta che farà la differenza sugli avversari. Già la scelta di un motore cinque cilindri è piuttosto esotica, cui si aggiunge l'utilizzo in pianta stabile del turbo, che in Formula 1 si sta imponendo come una scelta obbligata, ma nei rally è stato usato sporadicamente solo dalla Lancia e con risultati contrastanti, soprattutto in termini di affidabilità. Il propulsore tedesco, con una cilindrata di 2.100cc, esprime la bellezza di 300 CV. Ma la soluzione che desta più perplessità è sicuramente la trazione…a "quattro gambe". All'inizio gli scettici si sprecano: è dubbio che i vantaggi offerti in trazione compensino la necessità di avere più peso sulla vettura e maggiore complessità nel funzionamento della trasmissione. I tedeschi, tuttavia, si sono mossi con la necessaria gradualità: si è partiti dall'Iltis, veicolo leggero a trazione integrale, nato per l'uso militare. Successivamente tre Iltis vengono schierati nella Parigi - Dakar del 1980, dove monopolizzano il podio. Infine, la scelta di spostare la soluzione su una vettura di serie da schierare nei rally. L'operazione è stata fortemente voluta dal Dr. Piech, nipote di Ferdinand Porsche e responsabile della casa dei quattro anelli, mentre la progettazione e la gestione in corsa è affidata al giovane e carismatico ingegnere tedesco Roland Gumpert. Risolti i problemi di gioventù, la Quattro si rivelerà già vincente nella sua prima stagione, conquistando l'alloro in Svezia con Hannu Mikkola, e al San Remo con Michelle Mouton. A questo punto il folto plotone degli scettici si sarà dissolto nel nulla per lasciare spazio all'ammirazione. Il futuro dei rally sembra essere a trazione integrale!

Operazione 037

Esaurite le esperienze con la Stratos e con la 131 Abarth, che avevano portato al Gruppo Fiat la bellezza di sei titoli costruttori in sette anni, a Torino si cerca la strada per rimanere al vertice anche negli anni '80. Inutile dire che gli uomini di Cesare Fiorio hanno tutto: capacità tecniche, un enorme esperienza sul campo, metodo nello sfruttare tutte le pieghe dei regolamenti, un organizzazione perfetta, risorse economiche e la consapevolezza della propria bravura, cioè quella fiducia in se stessi che è il lubrificante di una squadra vincente. Inoltre, il Trofeo A112 si è rivelato un'interessante fucina di talenti a disposizione delle attività sportive del Gruppo Fiat. Tutto questo potenziale va concentrato ed espresso in una nuova macchina da corsa. Gli studi preliminari, iniziati nel corso del 1980, vedono impegnate la Pininfarina per lo studio della carrozzeria e per l'industrializzazione del prodotto, insieme all'Abarth per la parte meccanica. Gli inizi di un progetto non sono mai facili e si assiste da subito alla divisione in due partiti: chi vuole continuare sulla linea della 131 Abarth, trasformando in Gruppo B una vettura di serie, e chi propone di seguire la strada che aveva portato alla Stratos, cioè costruire una macchina da corsa per poi derivarne una serie di 200 pezzi, necessari a rientrare nei limiti di regolamento. Bel dilemma, visto che la Fiat si era cimentata in entrambe le soluzioni, rivelandosi in ogni caso vincente. Alla fine si opterà per la seconda con un piccolo compromesso: per mancanza di tempo si dovrà partire da una cellula già esistente nella gamma delle auto Fiat. Ritmo, Delta o Beta Montecarlo? L'ingegner Sergio Limone ricorda: "La scelta cadde sulla Beta Montecarlo, che la Lancia aveva già costruito in versione Gruppo 5 da pista e sulla quale, dunque, avevamo già una sommaria esperienza." La cellula in acciaio stampato ha già ottime qualità in termini di rigidità e robustezza agli urti, ma viene ulteriormente rinforzata con l'aggiunta di elementi tubolari dal diametro di 35mm. Sulla nuova struttura vengono poi montati semplici e leggeri telai tubolari per avantreno e retrotreno: questi sono formati da tubi a sezione circolare di 25-30 mm di diametro, raccordati da elementi a sezione quadra. L'insieme e talmente robusto che i severi crasch test previsti dalla F.I.S.A. vengono superati brillantemente, evidenziando un'ottima sicurezza passiva. Viste le recenti esperienze degli avversari, il motore centrale non sembra più la soluzione ottimale nei rally: da una parte la maggior parte del peso grava direttamente sulle ruote motrici, ma dall'altra si ha una vettura più nervosa ed instabile. Il problema viene parzialmente risolto progettando accuratamente le sospensioni: si sceglie uno schema a quadrilateri sovrapposti con bracci ad ampia escursione, sia per l'anteriore che per il posteriore. Sull'anteriore gli ammortizzatori a gas della Bilstein sono accoppiati a molle elicoidali a flessibilità variabile. Più complesso lo schema al posteriore: gli ammortizzatori sono doppi, montati con lo stelo rovesciato per un rapido intervento da parte dei meccanici, mentre la molla si trova su un terzo elemento centrale. Il sistema nel suo complesso è semplice e di facile regolazione, anche grazie all'omologazione di quattro punti di attacco dei braccetti, attraverso i quali è possibile variare l'altezza da terra e l'oscillazione delle sospensioni (da 190 mm a 260 mm) con poche e semplici operazioni. Per i freni si scelgono dischi autoventilati abbinati a pinze in alluminio realizzate dalla Brembo. Il sistema si avvale di un doppio circuito, doppio servofreno e correttore di frenata. Lo sterzo è a cremagliera, dotato di piantone snodabile e sganciabile su quattro punti in caso d'urto. Per favorire la concentrazione dei pesi intorno al baricentro, il serbatoio viene sdoppiato in due unità da 35lt ciascuna, collocate subito dietro il divisorio della cellula, prima dei passaruota posteriori. Un secondo ordine di problemi è generato dalla scelta del motore: manca il tempo per progettare una nuova unità dal foglio bianco. L'unico propulsore a disposizione è il quattro cilindri della 131 Abarth, che rappresenta una scelta perdente in partenza, vista la ormai scarsa potenza che è in grado di fornire. Cercare di rivitalizzarlo è una scelta obbligata, ma come? Si potrebbe seguire la strada del turbo, già sperimentata con la Stratos e impiegata dalla nuova Audi Quattro, i cui segreti iniziano a trapelare. L'idea vincente arriva dall'ormai anziano ma sempre geniale Aurelio Lampredi, uno dei tecnici alla base di molti successi nei primi avventurosi anni della Ferrari. E' lui che rispolvera la soluzione del compressore volumetrico, in voga nel dopoguerra, sulla base di un ragionamento semplice quanto efficace. Ricorda l'ingegner Limone: "Allora non c'era l'elettronica di oggi e noi tutti sapevamo bene del notevole ritardo di risposta del turbo a girante. Così Lampredi riesumò il volumetrico, in grado di dare potenza sin da 2.000 giri e privo del famigerato turbo lag, il ritardo di risposta del turbo." In fondo, ciò che serve veramente ad una vettura da rally e di trovare la maggior coppia possibile nell'uscita dalle curve. Su certi percorsi sono veramente pochi i tratti nei quali si può sfogare la potenza che si trova in alto nell'arco di giri del motore. Il quattro cilindri in linea di 1.995cc non subisce particolari variazioni nelle sue misure: l'alesaggio è di 84 mm per una corsa di 90mm. Il basamento è ancora sempre in ghisa e la testata in lega d'alluminio. La distribuzione è a due alberi a camme in testa comandati da una cinghia dentata. Le quattro valvole per cilindro hanno un diametro di 34,5 mm per l'aspirazione e di 28 mm per lo scarico. L'alimentazione è fornita da un carburatore Weber DCV NH 15/250 che lavora su una farfalla da 40 mm. Il compressore volumetrico Abarth, collocato sulla destra del propulsore, è in grado di erogare una pressione che varia da 0,60 a 0,90 bar. Il rapporto di compressione viene così portato a 7,5:1 e la potenza sale a 205 CV a 7.000 giri/min, con una coppia di 23 Kgm a 5.000 giri/min. Particolare cura viene posta nello studio dell'impianto di scarico: i quattro collettori posti a destra confluiscono in 2 tubi e in un silenziatore collocato dietro al motore, dal quale escono due terminali. La lubrificazione forzata si avvantaggia di tre pompe collocate nel basamento, una per la mandata e due per il ritorno, che mantengono il circuito ad una pressione di 4/4,5 bar. Il sistema è dotato di un radiatore per il raffreddamento, collocato nella parte anteriore del telaio insieme a quello dell'acqua. Il complesso viene installato posteriormente in posizione longitudinale, evitando le complicazioni affrontate con il 6 cilindri trasversale della Stratos. Anche questa scelta è legata alla necessità di agevolare al massimo le operazioni di manutenzione e riparazione da parte dei meccanici. Per la mancanza del tempo necessario a sviluppare un cambio ad hoc, si ricorre ad un'unità ZF pesante, ma già ampiamente collaudata sulla De Tomaso Pantera e sulla Maserati Bora. Si tratta di un cambio a 5 marce + RM ad innesti frontali, che ingloba un differenziale autobloccante al 25%. La frizione è del tipo monodisco a secco con un diametro di 230 mm. In fase preliminare si prende in considerazione l'idea della trazione integrale, ma questo è un campo completamente nuovo per i tecnici Lancia. In sostanza, manca il tempo per sviluppare un sistema prestazionale ed affidabile, anche se l'idea non viene comunque scartata. Vestire la nuova creatura è compito della Pininfarina: un lavoro non facile che deve coniugare i vincoli della meccanica e del telaio, senza sacrificare l'accesso agli organi meccanici e la necessità di un elevato carico aerodinamico. Il primo tentativo risulta, di fatto, un passo falso: assomiglia ad un collage di pezzi della gamma Lancia e la nascitura 037 fatica a trovare una propria identità stilistica, mantenendo una somiglianza eccessiva con la Beta Montecarlo. Quando i responsabili del centro stile ne prendono coscienza, s'impongono di ripartire dal foglio bianco. Il risultato è meno sensazionale della Stratos di Bertone, ma esprime con equilibrio la natura di una vettura nata essenzialmente per correre. Il passo di 2.240 mm permette d'impostare una carrozzeria che esalti le doti di agilità: il frontale non si discosta da quello della più tranquilla Beta coupè. Le due coppie di fari tondi affiancano la classica mascherina Lancia usata all'epoca, ma il tutto è reso più grintoso da un vistoso spoiler, che offre il necessario carico aerodinamico all'anteriore ed ospita una generosa bocca di raffreddamento per i radiatori collocati sotto il cofano. Quest'ultimo è leggermente bombato per accogliere la gomma di scorta. La fiancata, bassa e snella è percorsa da nervature robuste che ne rafforzano l'immagine. Nella parte terminale la linea esprime la potenza che si nasconde sotto il cofano attraverso i muscolosi passaruota. Il parabrezza è molto inclinato e la linea del tetto inizia subito a digradare verso la coda in modo costante. Ciò fa sì che l'altezza massima sia contenuta in 1.245 mm Curiosa la scelta di montare due cupolini aerodinamici in corrispondenza di pilota e passeggero: l'interpretazione in chiave moderna di uno dei temi stilistici classici sulle vetture sportive carrozzate da Zagato negli anni '50 e '60. La zona dell'abitacolo richiama necessariamente l'impronta stilistica del Beta Montecarlo, mentre sui montanti posteriori sono ricavate due vistose "orecchie", secondo uno schema usato anche sulle Lamborghini realizzate da Bertone, che hanno il compito di portare aria fresca al motore. L'armonia della coda è interrotta da uno spoiler molto generoso che con lo stile ha poco a che fare, ma fornisce un incredibile carico aerodinamico necessario a tenere le ruote posteriori incollate al suolo. Attraverso gli studi in galleria del vento si è optato per una maggiore deportanza, al prezzo di qualche chilometro in meno di velocità di punta. Avendo già scelto di montare un motore che privilegi la coppia ai bassi regimi, è logico che anche la veste aerodinamica vada ad assecondare le caratteristiche di trazione. Un ampio lunotto in plexiglass permette di affacciarsi e curiosare nel vano motore, mentre i gruppi ottici posteriori, di forma rettangolare, sono integrati fra le ampie griglie di sfogo per l'aria calda. L'angusto abitacolo è separato dal vano motore con un doppio vetro e materiale fonoassorbente, ma più che silenziare, appena attutisce il ruggito di una meccanica strepitosa. Per quanto riguarda i materiali utilizzati nella costruzione della carrozzeria, si fa largo uso di plexiglass e vetroresina rinforzata con kevlar: ciò consente di contenere il peso entro i 1.170 kg. Per consentire un rapido e completo accesso alla meccanica i cofani sono ad apertura integrale, quello anteriore incernierato davanti al telaio, e quello posteriore sul tetto. Per portare a spasso la nuova creatura si scelgono cerchi in lega leggera della Speedline da 16", che calzano pneumatici Pirelli P7 205/55VR16 sull'anteriore e 225/50VR16 al posteriore. La Rally 037 è presentata al 59° Salone dell'Auto di Torino ad inizio 1982: con le sue forme accende la passione dei tifosi, ma anche di quei pochi fortunati in grado di sborsare 45.630.000 per assicurarsi un pezzo di sicura storia dell'automobile. Particolarità: la vettura è disponibile nel solo colore rosso, ma non sarà una questione di tinte ad impedire alla Lancia di vendere i primi 200 esemplari necessari all'omologazione nel Gruppo B. Le prestazioni, d'altra parte, sono da urlo: la velocità di punta è di 228 km/h. Ma il dato più interessante è forse l'accelerazione: solo 6" per raggiungere i 100 Km/h, grazie alla generosa coppia offerta dal volumetrico e al limitato peso. Inoltre, a differenza della Stratos di serie, che era una cavalletta instabile e capricciosa, la 037 è ben educata e sa stare al suo posto, sempre che non s'inizi ad esagerare. Ogni esemplare viene prima completamente montato nell'atelier di porta San Paolo e poi rismontato per le fasi di verniciatura. Il collaudo di ogni unità e garantito da un nome importante come quello di Giorgio Pianta, ex pilota e responsabile dell'Abarth, che si occuperà di tutta la fase di sviluppo della 037.

1982: Il gioiello nella polvere

Così concepita, la 037 risulta una buona base di partenza per le corse, ma è chiaro che per essere competitivi accorrerà metterci le mani. Agli uomini della Lancia basterà meno di un anno per trasformare il fragile e brutto anatroccolo in una vettura vincente. Dopo lunghe sessioni di prove tenutesi sulla pista privata della Mandria, alla periferia di Torino, la vettura debutta ufficialmente il 1° aprile 1982 al Rally Costa Smeralda, valido per il titolo Europeo: Bettega e Alen si ritirano per problemi ai selettori del cambio. Giorgio Pianta, in un'intervista rilasciata nel 1983, ricorda così quei primi esemplari: "Si trattava di una versione appena alleggerita della vettura di produzione. Il suo motore a carburatori non sviluppava più di 230 CV, appena 15 in più del vecchio 16 valvole della 131. E queste vetture erano talmente pesanti…", cioè non lontano dai 1.170 Kg della versione di serie. In effetti, i primi interventi per schierare la macchina sui campi da gara sono stati, in questa fase, limitati ad aree di dettaglio: innanzitutto via le parti in vetro, sostituite da plexiglas. I finestrini laterali sono ora fissi e l'aerazione è fornita da piccole finestrelle a scorrimento, in aggiunta alle bocchette ricavate sul tetto. Gli specchietti retrovisori sono sostituiti con un tipo già in uso sulle Stratos. Si disegna un secondo tipo di cofano anteriore, dotato di una batteria di quattro fari di profondità, mentre al posteriore scompaiono i gruppi ottici rettangolari, sostituiti da un modello rotondo più piccolo. Semplificati anche gli sfoghi per l'aria calda in uscita dal motore. L'abitacolo viene spogliato: via la plancia in plastica, sostituita con un preformato in lamiera d'acciaio, più resistente e più leggero. Il volante a tre razze viene sostituito con un tipo a calice che avvicina la corona al pilota, evitandogli di staccare la spalla dal sedile nelle manovre più brusche. I pedali in lega leggera spariscono in favore di un tipo in acciaio, più robusto e più agevole per le manovre di punta - tacco. La strumentazione include il contagiri, manometro per la pressione di sovralimentazione, manometro olio, tensione batteria e livello carburante. Spie e pulsanti vengono spostati sulla consolle centrale, a portata di mano del pilota. L'accensione a freddo avviene attraverso un cavo posizionato nel diaframma tra abitacolo e motore, in mezzo ai sedili Sparco. Radio, computer di bordo è centralina fusibili sono collocati dalla parte del navigatore, insieme all'estintore. La cellula è rinforzata con una gabbia di tubi che da maggiori garanzie in termini di sicurezza e rigidità torsionale. Sulla parte meccanica s'irrobustiscono le sospensioni, mentre l'impianto frenante è sostituito con pezzi studiati dall'Abarth e realizzati dalla Brembo: dischi scomponibili, pinze a quattro pompanti sull'anteriore e due al posteriore. Il freno a mano ha un suo circuito indipendente per facilitarne l'uso in curva. I cerchi sono ora in lega, caratterizzati da un diverso disegno. Sul motore viene montato un nuovo filtro aria più grande ed efficiente, mentre l'acceleratore lavora su una valvola a ghigliottina posta ad inizio del collettore d'aspirazione. L'eccesso di pressione che fuoriesce dalla valvola pop-off del Volumex viene incanalato in un condotto che va a raffreddare il radiatore dell'olio cambio, posto tra il motore e il silenziatore dell'impianto di scarico. Dopo lo sfortunato debutto, la 037 si affaccia anche nel mondiale con i due esemplari per il Tour de Corse. Le macchine sono già scese ad un peso che si aggira intorno ai 1.015 Kg, ma non basta un po' di dieta per voltare pagina: Bettega si schianta a 150 Km/h e riporta la frattura di entrambe le gambe, mentre Alen chiude al nono posto, dichiarandosi poco a suo agio sulla nuova arma Lancia. Tre settimane dopo, all'Acropoli, ancora qualche chilo guadagnato grazie a radiatori alleggeriti (19) e lo scivolo paracoppa in fibra di carbonio. Ancora due macchine, ancora due ritiri: Alen si trova addirittura con il telaio incrinato, mentre Adartico Vaudafieri, con l'esemplare del Jolly Club Totip, lamenta noie al Volumex. A questo punto i tecnici Lancia hanno preso coscienza della necessità di ricorrere ad una versione Evo per spingere lo sviluppo più in profondità. Il telaio posteriore viene rinforzato con una triangolazione tubolare, mentre nell'abitacolo si inserisce un arco di titanio che consente di levare un po' di peso ed incrementare la sicurezza passiva. Per la carrozzeria si passa dalla vetroresina al kevlar e successivamente al carbonio: il peso scende prima a 985 Kg e poi a 966 Kg, ad un soffio dal minimo regolamentare di 960 Kg, e pazienza se i costi iniziano ad impennarsi. Giorgio Pianta fa notare che a quel peso, anche la sospensione lavora meglio. Ma l'intervento più radicale riguarda il motore: i carburatori lasciano il posto ad un più moderno sistema d'iniezione Bosch-Kugelfischer. Tra l'altro i tecnici Lancia mettono a punto un sistema d'iniezione d'acqua molto innovativo: si tratta di spruzzare il liquido nell'aria compressa dal Volumex per abbassarne la temperatura, ottenendo così un decisivo incremento delle prestazioni. E' curioso notare come, nella stagione successiva, Ferrari e Renault utilizzeranno sistemi analoghi di ottimizzazione dei turbo in Formula 1. Di colpo il quattro cilindri della 037 guadagna 70 CV, portando la potenza massima a 304 CV, ma l'affidabilità ne risente pesantemente. L'Evo 1 viene omologata il 1° luglio del 1982, ma debutta soltanto ad agosto, al Rally di Madeira, incassando il primo ritiro con l'equipaggio Zanussi-Bernacchini. La musica continua al 1.000 Laghi, a cui partecipa il solo Alen, che rompe un motore da 310 CV, e al San Remo, dove la Lancia partecipa con tre vetture: Markku si trova ancora alle prese con noie al propulsore, mentre Tabaton e Bacchelli pensano di tagliarsi le gambe da soli fracassando le loro 037 sulla quinta prova speciale. Si pensa di individuare l'origine dei problemi al propulsore nella pressione di sovralimentazione, che viene fatta scendere da 1 bar a 0,85: con il vecchio valore, la temperatura dell'aria era troppo elevata e la potenza calava. A questo punto sembra che i problemi siano risolti… il Lombard R.A.C. vede la 037 di Alen chiudere al quarto posto, ma il finlandese si lamenta perché il motore non da la potenza che dovrebbe ed il Volumex non gira bene. Markku non è afflitto da manie di persecuzione: in effetti il problema esiste, ma i tecnici della Lancia ci metteranno un po' per venirne a capo. Si scopre che a basso regime, quando si chiama bruscamente la potenza, la lubrificazione risulta insufficiente: la soluzione viene individuata in un serbatoio di recupero dell'olio, che viene liberato nelle fasi di accelerazione. Contestato dai commissari alle verifiche del Montecarlo 1983, il serbatoio sarà integrato nel carter dell'olio con un sistema di camere separate. Fine dei problemi al motore. Per la cronaca, in quel 1982 non è che tutto sia andato storto: la prima vittoria della 037 arriva il 15 agosto nella cronoscalata Svolte di Popoli, dove Teodoro Perugini s'impone con una vettura ufficiale del Martini Racing. Al Tour de France, valido per l'europeo, Clarr-Bernacchini acchiappano un confortante terzo posto in una gara che, anche se non più ai livelli di un tempo, non è mai una passeggiata. Alen-Kivimaki s'impongono poi al Pace Rally, valido per il campionato nazionale inglese. L'onore di portare la 037 alla prima vittoria in un rally italiano spetta a Tabaton-Tedeschini, che si aggiudicano il Rally Valle d'Aosta. Piccoli risulti che rappresentano l'aperitivo prima della grande abbuffata.

1983: La stagione perfetta

Ad inizio della stagione 1983 i programmi della Lancia per il Mondiale Rally non sono ancora definiti. La squadra è impegnata anche nelle corse endurance con la LC2, e questo toglie risorse per far correre la 037. A Torino sanno benissimo che, se si vuole portare a casa il titolo, occorrerà massimizzare in termini di punteggio ogni partecipazione. La Lancia ha gli uomini giusti per attuare una simile, rischiosa politica: al timone del Martini Racing c'è sempre Cesare Fiorio, con il suo braccio destro Ninni Russo. L'organizzazione che guidano è ancora una delle più potenti ed efficiente che frequentano i rally. E poi ci sono gli equipaggi: il nocciolo duro è formato da Alen e da Rohrl: Markku, navigato da Kivimaki, ormai indissolubilmente legato alla Fiat, sembra aver raggiunto la maturità necessaria a portare finalmente a casa il titolo. Per Walter Rohrl, si tratta quasi di un ritorno a casa dopo la parentesi Opel: lui il mondiale lo ha già vinto con la 131 Abarth nell'80 e nell'82 con l'Ascona 400. Ma si sa, l'appetito vien mangiando. Andruet, sempre in gara con la sua bella navigatrice "Biche", ha ormai alle spalle un bel po' di anni di militanza nei rally, ma il talento non sembra aver risentito troppo del tempo. Del resto i rallisti sono un po' come certi vini pregiati: più invecchiano più sono buoni. Per Bettega, dopo il botto al Tour de Corse '82, potrebbe essere la stagione della definitiva consacrazione tra i top driver del mondiale. La posizione più scomoda spetta forse a Adartico Vaudafieri, che deve dimostrare di aver meritato la chance offertagli dalla Lancia. La concorrenza, comunque, non scherza: l'avversaria principale sarà l'Audi Quattro detentrice del titolo costruttori: la vettura ha un motore accreditato di circa 340 CV a 7.000 giri al minuto, e di una coppia di 46 Kgm a 4.500 giri. Al di là della potenza è la trazione integrale a spaventare: ci si attende che su fondi sterrati le Quattro risultino imprendibili, mentre sull'asfalto la 037 dovrebbe conservare qualche margine di vantaggio. Purtroppo, il fondo più congeniale alla Lancia caratterizza ben poche manche del mondiale. Anche sul fronte dei piloti l'AUDI può contare su un pericoloso trio di falchi della strada; ad Hannu Mikkola e a Michelle Mouton, si aggiunge Stig Blomqvist. Renault si limiterà a schierare una Renault 5 Turbo 2 in qualche gara, solitamente affidata a Jean Ragnotti. L'Opel inizia la stagione con la vecchia Ascona 400, in attesa della nuova Manta Gruppo B. L'Ascona era una macchina maledettamente buona, sopratutto se lasciata fra le mani di due brutti clienti come Ari Vatanen ed Henri Toivonen. I giapponesi sono ancora alla ricerca della ricetta per affermarsi stabilmente nel mondiale, dopo aver piazzato qualche zampata interessante nel passato, ma né le Nissan 240 RS, né le Toyota Celica Turbo sembrano in condizione di issarsi stabilmente in cima alla lista dei tempi. Possono solo sperare che qualcuno davanti gli lasci la porta aperta verso la vetta. Senza speranza la BMW M1, la Citroen Chrono Visa o la vecchia Vauxhall Chevette RSR 2.300. Il mondiale 1983 prende il via, e non poteva essere diversamente, dal terribile Montecarlo. La Lancia getta nella mischia tutto il suo potenziale in termini di mezzi, capacità organizzativa e faccia di bronzo nello sfruttare ai limiti il regolamento. Il primo aiuto arriva dal cielo: niente neve, quindi i vantaggi della trazione integrale sono annullati già in partenza. Il secondo aiuto arriva dalla Pirelli che si porta in Costa Azzurra la bellezza di 1.500 pneumatici, caricati su 10 camion, ad uso e consumo della sola Lancia. Ogni equipaggio ha a disposizione sei tipi differenti di gomme, tra cui un nuovo tipo con un battistrada a mescola composta, più tenera al centro e più dura sui bordi. Va poi aggiunta la presenza semi clandestina di un camion spargisale intestato alla società del Sestriere. Eppure, nonostante questo spiegamento di forze, la PS 2 spaventa: sul percorso di Uriage les Bains, i primi 4 tortuosi chilometri sono resi viscidi e pericolosi dal verglass. Montare gomme da ghiaccio e poi arrancare nei successivi 22 chilometri, o montare gomme slick e rischiare di volare fuori subito? La notte porta consiglio: le macchine partiranno con gomme intermedie P7 all'avantreno e MC sul posteriore. Fuori dal pantano dei primi 4 chilometri, i meccanici Lancia improvviseranno un cambio gomme in piena corsa, sostituendo le due MC con normali slick. Rohrl viene servito in 60", ma Andruet e Alen se la cavano con 50". Il gioco non permette di stare davanti alle Audi di Blomqvist, Mouton e Mikkola, ma aiuta a limitare un danno che poteva essere ben peggiore. Di lì in avanti la vittoria del "Monte" è una questione tra i piloti Lancia: Rohrl fa saltare i cronometri imponendosi su 11 delle 31 speciali, demolendo i record di molti tratti già percorsi negli anni passati. Nella parte finale si limita a controllare il risultato e a guardarsi le spalle da Alen. Blomqvist è il migliore dei piloti Audi, davanti a Mikkola e alla Opel di Vatanen. La Lancia di Andruet, dopo essere partita bene, è rimasta attardata da problemi al compressore che hanno ributtato il francese in undicesima posizione: pesta come un dannato, per sei volte fa segnare il miglior tempo, ma non va oltre l'ottava posizione, dietro alla Renault di Ragnotti e alla Opel di Toivonen. Mentre Alen e Rohrl festeggiano, l'ombra dei commissari si abbatte sul team Lancia. Il sistema di ripescaggio dell'olio motore, studiato per ovviare ai problemi di lubrificazione verificatisi nel finale della stagione '82, è considerato come una vera e propria pompa esterna al circuito e perciò bollato come irregolare. In extremis Cesare Fiorio riesce a far digerire una spiegazione al personale tecnico della F.I.S.A. La successiva Manche del mondiale si disputa fra le nevi svedesi, ma qui le 037 sono assenti. Vince Mikkola con l'Audi, davanti ai compagni di squadra Blomqvist, Mouton e Lampi. Eppure l'ambiente Audi non è sereno: viene fuori che Blomqvist ha un contratto da "maggiordomo" di Mikkola e in Svezia, per plafonarne le prestazioni, gli viene affidata l'Audi 80 Quattro Gruppo A, che ha 150 CV in meno della Gruppo B. Su un terreno che gli è congeniale, Blomqvist tiene agevolmente il passo dei compagni, riducendo la vittoria di Mikkola ad una ben magra figura. Il finlandese medita, e nel successivo appuntamento in Portogallo si scatena, ai danni non solo dei compagni di squadra, ma anche delle Lancia di Rohrl, Alen e Vaudafieri. Le 037 hanno la meglio nelle prime 11 speciali su asfalto. Rohrl prende subito la testa della corsa davanti a Markku Alen, ma Mikkola cerca di limitare i danni, mettendosi dietro la Lancia di Vaudafieri. Una volta sulla terra, le Audi si scatenano: dopo la PS 19 Blomqvist prende il comando della classifica, ma lo tiene per poco, incapace di resistere agli attacchi di un feroce Mikkola. Dietro ai due mastini s'installa saldamente la Mouton. Ormai è una lotta in famiglia e a farne le spese è Blomqvist, che rovina la sua Quattro contro un masso, a vantaggio della compagna di squadra francese. Rohrl, consapevole della superiorità delle vetture tedesche, bada al sodo e senza strafare porta a casa un sano terzo posto, davanti ai compagni di squadra Alen e Vaudafieri. Dopo il Portogallo si profila il Safari: la Lancia è assente. La maratona scassattutto fa sempre impressione e a Torino si decide di non rischiare una brutta figura con una vettura ancora troppo giovane. L'Audi vi partecipa per il primo anno, ma la lotteria Africana ancora una volta si dimostra piuttosto bizzarra: non è la favorita e tecnologica Quattro a trazione integrale ad imporsi, ma la vecchia Opel Ascona 400 di Ari Vatanen. Al Safari chi va piano rompe meno roba e arriva lontano. Mikkola e la Mouton si dovranno accontentare di completare il podio. Al Tour de Corse, non c'è santo che tenga, è il momento delle 037. Lo crede anche la Lancia che porta sull'isola ben cinque macchine: Rohrl, Alen, Andruet, Bettega o Vaudafieri? Gli addetti danno per favoriti il tedesco ed il francese, ma a sorpresa s'impone Alen davanti a Rohrl. Vaudafieri e Bettega. Andruet, sfortunatissimo, per problemi all'iniezione d'acqua patisce uno dei pochi ritiri di una macchina che ha ormai pochi difetti. La 037 sembra nata per le strette stradine e le curve secche dell'isola, ma gli altri? L'Audi, alla ricerca di maggiori prestazioni sull'asfalto, ha spedito Darniche in Corsica per una lunga sessione di prove, conclusesi anzitempo con un botto del francese. Per giunta, i tedeschi sono alla prese con l'evoluzione della Quattro: la capacità del motore viene fatta scendere da 2.144cc a 2.109cc, portando la potenza da 340 a 360 CV grazie ad un nuovo sistema d'iniezione elettronica. Questo piccolo miracolo permette alla Quattro di gareggiare nella stessa classe di peso della 037: 960 Kg. Tuttavia, il limite è ancora ben lontano: con l'impiego di kevlar per la carrozzeria e un nuovo cambio più corto e privo dei differenziali intermedi, l'evoluzione arriva 1.070 Kg e difficilmente scenderà ancora. La vettura tedesca, seppure spinta da una potenza esuberante, rimane sempre uno scatolone pesante. In Corsica nessuna delle due Audi affidate a Mikkola e alla Mouton vede il traguardo: il primo esce di strada, mentre la "pantera" francese rompe il motore. In Corsica debutta anche la Manta 400: più leggera di un'ottantina di chilogrammi rispetto all'Ascona, è limitata da un motore aspirato che non va oltre i 275 CV, e da una coppia che si esprime solo ad un regime elevato (32 Kgm a 7.200 giri/min). Sui difficili sterrati dell'Acropoli dovrebbe essere nuovamente il momento delle Audi Quattro, ma a sorpresa s'impone nuovamente Walter Rohrl. Nella prima speciale la Mouton saluta la compagnia in seguito ad un incidente, ma la lotta per la testa della classifica è apertissima: Mikkola, Alen, Rohrl, Blomqvist e Bettega combattono per la leadership. Dalla dodicesima PS Mikkola si piazza saldamente in testa e nulla sembra poterlo scalzare: nemmeno i tentativi della Lancia di spremere la massima potenza dal motore, alzando la pressione di sovralimentazione ed eliminando il filtro supplementare dell'aria. Tuttavia, Mikkola non si fida dell'affidabilità della sua macchina e sorveglia attentamente il lavoro dei suoi meccanici. Proprio questi gli giocano un brutto tiro: un gancio fermacofano posteriore non viene chiuso bene. Hannu parte per la trentottesima speciale e non si accorge del portellone che salta per conto suo, martellando i condotti del radiatore olio. Quando se ne rende conto il motore ha ormai reso l'anima. Rohrl e Alen si involano alla testa del rally, tallonati da Blomqvist, che nulla può per andare a prendere i due lancisti. A questo punto vale la pena domandarsi quali siano i punti di forza della 037: prima di tutto l'affidabilità. Fino a questo punto la Lancia ha patito un solo ritiro (Andruet al Tour de Corse). Se alla solidità della macchina si aggiunge che gli equipaggi sbagliano veramente poco… Per quanto riguarda le caratteristiche della macchina, meglio affidarsi al commento dei protagonisti: per Alen il motore "è talmente flessibile. I piloti delle altre vetture, e soprattutto dell'Audi, devono arrangiarsi per mantenere il regime del motore più alto possibile. Noi no. Non è necessario spingere come un dannato sull'acceleratore. Uno sfioramento del pedale e si riparte, come una bomba, a tutti i regimi." Le dichiarazioni di Rohrl non si discostano da quelle del collega: "La prima qualità della Lancia Rally è il suo motore. Lui solo spiega la maggior parte delle vittorie di questa macchina: spinge da 2.000 giri al minuto. Se questo vi fa piacere, potete condurre la Lancia servendovi della sola quinta marcia: ci sarà sempre potenza sufficiente. D'accordo, nei rally mantengo il più sovente possibile un regime tra i 7.000 e 8.000 giri/min, ma si presentano sovente delle situazioni in cui devi uscire da una curva a basso regime. La Lancia Rally fa la differenza. Altre cose riguardo questa macchina: il telaio è perfetto! Lo sterzo, i freni, la sospensione, tutto funziona perfettamente." Dopo la parentesi greca si vola in nuova Zelanda, dove alla battaglia del cronometro si aggiunge quella delle scartoffie. L'Audi ha iscritto Blomqvist oltre i termini previsti dal regolamento, in Lancia se ne accorgono e fanno ricorso presso i commissari della FISA. Stig viene squalificato nonostante i ricorsi della sua squadra. Sui viscidi terreni della nuova Zelanda Michelle Mouton vola verso una vittoria che nessuno sembra in grado di toglierle. Rohrl ha ormai tirato i remi in barca e sarebbe disponibile ad accontentarsi di un secondo posto, ma sulla ventiseiesima speciale accade l'incredibile: sulla Quattro in testa si spacca il perno di una biella. Alla bella Michelle non resta che fermarsi con un buco nel blocco motore. Mikkola ha già salutato la compagnia per problemi all'iniezione, proprio mentre stava rinvenendo fortissimo verso le posizioni di testa. L'eroe della giornata è Timo Salonen, che con la Nissan piazza una serie di tempi straordinari, portandosi in seconda posizione, alle spalle di Rohrl e davanti a Bettega. Qualcuno, lassù in cielo, vuole bene all'Audi, e in Argentina pioggia e neve rimescolano le carte. Se poi si considera che in certe PS vi sono ben poche curve, si comprende come le chance dei lancisti siano esigue: le Audi dilagano e Mikkola si aggiudica la manche, davanti a Blomqvist, Mouton e Mehta. Alen, quinto e primo dei piloti Lancia, si accontenta di limitare i danni, mentre Vaudafieri esce di strada già alla sesta speciale. Al 1.000 Laghi vince Mikkola, davanti a Blomqvist. La Lancia schiera il solo Alen (si può impedire ad un finlandese di partecipare al rally di casa?), il quale si accontenta prudentemente di un terzo 3° posto che vale oro: infatti, è sufficiente un'altra vittoria per portare a Torino il mondiale costruttori. La prima occasione è il Rally di San Remo. La Lancia butta in campo tutto il suo enorme potenziale. Innanzitutto si presentano alla partenza ben otto 037: oltre alle ufficiali di Rohrl, Bettega, Alen e Vaudafieri, si schierano anche le 037 di Miki Biasion ed Antonio Tognana, gestite dal Jolly Club Totip, l'esemplare del Tre Gazzelle West affidato a Zanussi-Cresto e quello della Grifone con Tabaton-Tedeschini. Fonti anonime raccontano anche della presenza di un furgone Fiat 292, dotato di scope incorporate per pulire le speciali su terra. Il rally si sviluppa su 5 tappe con la prima, la quarta e la quinta su asfalto, e la seconda e la terza su terra: sull'asfalto per la 037 non dovrebbero esserci problemi, anche se Roland Gumpert assicura di aver trovato un buon assetto per le Quattro anche su questo terreno. I guai potrebbero venire dalle speciali su terra, dove le Audi sono giudicate in netto vantaggio. Infatti, le prime sei speciali vedono il netto dominio di Rohrl davanti a Bettega, Biasion, Alen, Tabaton, Vaudafieri e Zanussi. E' un buon punto di partenza per affrontare le due giornate sulla terra, ma Fiorio non è tranquillo. Le speciali tra Liguria e Toscana sono coperte da un sottile velo di polvere che va via solo dopo alcuni passaggi. Il d.s. della Lancia recupera quattro muletti per le ricognizioni, le affida a giovani piloti come Capone e Cunico, e le manda clandestinamente a spazzare le PS su terra prima che i tifosi inizino ad affacciarvisi. Alla fine della seconda tappa l'unico ad aver resistito al ritorno delle Audi è Alen, solitario in testa davanti a Michelle Mouton, Blomqvist e Mikkola. Bettega è 5°, Rohrl 10°, Vaudafieri 8°, Biasion 13°, Zanussi 12°, Tabaton 9°. Fiorio medita nuovamente: nella tappa successiva Alen partirà primo, ma dietro a lui ci saranno le Audi. Merita mandare ancora gli spazzini per preparare la pappa al suo pilota, ma anche ai suoi diretti avversari, o è meglio cercare di far recuperare i ritardatari? I quattro muletti spariscono nel nulla e Alen deve vedersela da solo contro i piloti Audi. Resiste magnificamente e a fine giornata conserva la leadership davanti a Blomqvist e Rohrl. Bettega è 7°, Biasion 9° e Vaudafieri 8°. Brutta botta per l'equipaggio Zanussi-Cresto: la loro 037 esce di strada e si distrugge rotolando su se stessa. Miracolosamente illesi gli occupanti. Tra gli avversari Mikkola è già fuori per un principio d'incendio sulla sua vettura, mentre la Mouton è impantanata in quinta posizione. Per le Quattro le cose sono complicate dalla rottura dell'idroguida e di un sacco d'altra roba, situazione che snerva i piloti e mette nel panico i meccanici. Le ultime due tappe si trasformano in una passeggiata per le 037: Alen s'impone davanti a Rohrl e Bettega, mentre Biasion è 5°. Le uniche due Quattro al traguardo sono quelle della Mouton, settima, e di Darniche, che ha sempre navigato nelle retrovie e chiude al 9° posto. Il Mondiale costruttori è definitivamente conquistato dalla Lancia con due gare d'anticipo. Resta in palio il titolo piloti: Mikkola è in vantaggio con 105 punti, contro i 102 di Rohrl. Il tedesco potrebbe ancora farcela, ma la Lancia decide di non prendere parte ai successivi appuntamenti: la stagione è già costata abbastanza. Per la cronaca, in Costa d'Avorio vince la Toyota di Waldegaard, mentre al Rac s'impone Blomqvist. Il titolo piloti è di Hannu Mikkola! Oltre al titolo costruttori nel mondiale, la Lancia si aggiudica anche il campionato italiano, vinto dall'astro nascente Miki Biasion, il quale si aggiudica con autorevolezza anche il campionato europeo, dopo una dura battaglia contro la Manta 400 di Guy Frequelin. Il pilota di Bassano non è un prodotto della filiera Fiat e, per strapparlo alla Opel con cui è cresciuto, Fiorio ha dovuto garantirgli la partecipazione all'Europeo e al San Remo. A posteriori si è trattato di un ottimo investimento.

In attesa della S4

Per il 1983 la Lancia mette in campo la 037 in versione Evo 2, la cui principale novità è un nuovo motore. Con un alesaggio ed una corsa portati a 85mm e 95 mm, la cilindrata raggiunge i 2.111 cc, mentre la potenza sale a 325 CV a 8.000 giri/min, ottenuta con una pressione di 0,9-1 bar sul compressore. La coppia massima, invece, è di 32 Kgm a 5.000 giri al minuto. Viene rivisto il collettore di scarico, mentre su quello d'aspirazione la valvola a ghigliottina, causa di bloccaggi dell'acceleratore, è sostituito con un tipo a tamburo. Il compressore tipo Roots monta nuovi lobi in alluminio. Il telaio anteriore è modificato per ospitare una diversa disposizione della batteria e il paraurti posteriore viene eliminato per far respirare meglio il motore. Si sta anche preparando un nuovo cambio con la scatola costruita in un unico pezzo con il distanziale. Tale unità, dotata di nuovi rapporti, sarà usata più avanti nella stagione. Basterà tutto questo a mantenere la 037 competitiva? In Lancia sanno benissimo che la loro creatura ha iniziato la sua parabola discendente ed il reparto corse ha già la testa su un altro progetto innovativo e radicale, che porta all'estremo il regolamento Gruppo B. Si sa soltanto che avrà la trazione integrale e un motore che combina volumetrico e turbo. In attesa di quella che sarà la futura S4, alla 037 viene chiesto di difendere il marchio come meglio può. In effetti, l'Audi ha masticato amaro quando si è vista portare via il titolo costruttori, e per la stagione 1984 ha messo insieme uno squadrone: a Mikkola, Blomqvist e Mouton si aggiunge Walter Rohrl, forse frustrato per non aver potuto combattere fino in fondo la battaglia per il titolo piloti nel 1983. La versione A2 della Quattro si avvicina alla soglia dei 400 CV, mentre dovrebbero essere risolti i problemi di affidabilità ed organizzazione che avevano afflitto la squadra nel campionato precedente. A fine anno debutta la Quattro Sport: un mostro in grado di toccare i 550 CV di potenza. Le premesse d'inizio stagione vengono mantenute e l'Audi fa suo il campionato costruttori e quello piloti con Stig Blomqvist. Mikkola, non più protetto da una posizione contrattuale vantaggiosa, deve inchinarsi allo strapotere del compagno di squadra. Lo svedese domina in Svezia, all'Acropoli, in Nuova Zelanda, Argentina e Costa d'Avorio, mentre il finlandese si aggiudica il rally di Portogallo e conquista numerosi podi. Per la Lancia è un anno di vacche magre: si tenta l'uscita in massa al Montecarlo con 4 macchine, ma non si va oltre il 5° posto artigliato da Bettega. Va meglio in Portogallo, dove Alen si piazza al secondo posto davanti a Bettega e Biasion, che corre con la 037 del Jolly Totip. Al debutto con il Martini Racing, Toivonen conclude con il botto in seguito ad un'uscita di strada. Nel 1984 si tenta anche la vittoria al Safari, un terreno decisamente ostico per la 037: Alen taglia il traguardo al 4° posto, mentre lo specialista della gara africana, Preston, chiude al sesto posto. Per la cronaca, si aggiudica la gara Waldegaard con la Toyota Celica Turbo A maggio è finalmente festa con la vittoria di Alen al Tour de Corse. Alle sue spalle chiude il giovane Biasion, che si fa sempre più insidioso per gli avversari ed i compagni di squadra. Nella stessa gara debutta la Peugeot Turbo 16: dotata di un telaio perimetrale tubolare e di trazione integrale è mossa da un quattro cilindri in linea di 1.775 cm3 turbocompresso, che esprime una potenza circa 350 CV: tanti per portare a spasso 910 Kg di macchina. Curiosa la disposizione della meccanica: nell'ampio vano posteriore, il piccolo propulsore e fissato contro la parete divisoria dall'abitacolo, all'estrema destra. La turbina esce nel centro, sopra il cambio longitudinale, mentre all'estrema sinistra, speculare al motore, si trova il pacchetto dei radiatori. Piccola, agile e veloce rappresenta forse la migliore interpretazione del Gruppo B. All'Acropoli Alen non va oltre al terzo posto, seguito da Bettega, mentre Toivonen, Biasion e Capone, causa rovinose uscite, si ritrovano tutti ad osservare quant'è bella la Grecia dal ciglio di una strada. In Nuova Zelanda viene mandato il solo Alen, che porta a casa un secondo posto niente male. Markku si ripete al 1.000 Laghi, seguito da Toivonen, il quale mette a segno il suo primo risultato utile con la 037. Al Sanremo ancora un'uscita di massa, nella speranza di monopolizzare la gara: al via si presentano ben sette 037, di cui solo due sono ufficiali. Stravince la Peugeot 205 di Vatanen, ma Bettega riesce ad acchiappare il secondo posto davanti a Biasion e Tabaton (037 Grifone Olio Fiat). Se nel Mondiale la 037 mostra di non essere più all'altezza degli avversari, nell'Europeo dilaga senza pietà: Carlo Capone si aggiudica il titolo in coppia con Sergio Cresto, mettendo alla frusta l'esemplare affidato alle cure della scuderia Tre Gazzelle West. I rivali del Jolly Club si accontentano del titolo nel C.I.R., conquistato da Adartico Vaudafieri dopo una dura battaglia con Gianfranco Cunico (037 Bologna Corse). Dopo una stagione di apprendistato, nel 1985 la Peugeot 205 T16 dimostra tutto il suo terribile potenziale nelle mani di Vatanen e Timo Salonen. Il Montercarlo è una questione tra Vatanen e l'Audi di Rohrl, ma l'ingombrante giocattolo del tedesco non è molto a suo agio sulle strette prove del Monte. Quando vengono saldati i conti, per Walter fanno 5'17" di distacco, il prezzo del secondo posto. In Lancia ci si accontenta del 6° posto di Toivonen e del 9° di Biasion. In Portogallo Miki agguanta un secondo posto, ma al Safari sarà assente. In Kenya si vive un attimo d'illusione quando le 037 di Preston, Bettega ed Alen fanno segnare buoni tempi. Ma la gara africana è lunga e faticosa e le Lancia iniziano a soffrire. Alen rompe il motore già nella prima tappa. Il giorno dopo è la volta di Bettega, che spacca una sospensione e distrugge conseguentemente il propulsore. Preston, invece, viene beffato dallo spinterogeno. Vince il giovane Juha Kankkunen sulla Celica Turbo. Si spera nel Tour de Corse, che ancora l'anno prima aveva fruttato una vittoria, ed invece la tragedia è dietro l'angolo. Pronti… via! Bettega, Alen e Biasion scatenano le loro 037 sulle strade impossibili dell'isola francese, ma sulla PS 4, la Zerubia, Bettega perde il controllo della sua vettura, esce di strada e centra in pieno una pianta, morendo sul colpo. Illeso il suo navigatore Perissinot. Proprio nel giorno in cui la Peugeot mette in campo un'evoluzione della Turbo 16 accreditata di 450 CV, le anime più sensibili che frequentano il mondo dei Rally iniziano a domandarsi se le Gruppo B fanno male alla salute dei piloti e dello sport. Ci vorrà un anno per trovare la risposta. All'Acropoli vengono schierate solo le due 037 del Tre Gazzelle West, affidate a Zanussi-Cresto e Pregliasco-Cianci: per il team italiano è un buco nell'acqua che si conclude con due ritiri. Al 1.000 Laghi due vetture ufficiali portano al 3° e 4° Toivonen e Alen. In attesa della S4 si schierano ancora quattro 037 al Sanremo, ma arrivano soltanto premi di consolazione: Toivonen è ancora terzo, davanti ad Alen, Cerrato e Biasion (gli ultimi due su 037 Jolly Club Totip). Al Rac debutta la nuova Lancia Delta S4: già a guardarla si capisce quanto questa macchina sia estrema e potentissima. La struttura è tubolare, coperta da una pelle di kevlar e fibra di carbonio. Il quattro cilindri di 1.795 cc è sovralimentato con volumetrico e turbina per esaltare la coppia su tutto l'arco di giri motore. La bellezza di 450 CV spingono 890 Kg di massa, ma si tratta, ovviamente, del primo step evolutivo. La nuova avventura Lancia sembra iniziare sotto i migliori auspici: sui fanghi inglesi la nuova creatura s'impone con Toivonen, mentre Alen conquista il secondo posto. Il mondiale va a Timo Salonen con la Peugeot, davanti a Blomqvist e Rohrl. Il meglio piazzato dei lancisti è Toivonen, soltanto settimo. La stagione viene salvata dal campionato Europeo, dove la 037 travolge tutto e tutti. I primi sei classificati a fine stagione hanno corso con una Lancia Rally: il titolo va a Dario Cerrato, seguito da Tabaton, Servia, Zanussi, Pregliasco e Biasion. Per gli altri solo briciole dispensate con avarizia. Infine si arriva alla fatidica e tragica stagione 1986. Le case non sembrano aver capito che il gioco si è fatto pericoloso e continuano a spingere su uno sviluppo sempre più esasperato. Delirio assurdo, l'Audi butta nella mischia la Quattro Sport S2 da 600 CV. Ma non è che Lancia e Peugeot scherzino. Le vetture da rally sono ormai bombe ricoperte da una po' di plastica. In confronto a quest'ultima generazione di mostri, la 037 sembra una tranquilla vettura da passeggio. Lo spagnolo Servia tenta l'avventura al Montecarlo con un esemplare del Jolly Club Totip, ma non va oltre il settimo posto, in una gara dominata dall'equipaggio Toivonen-Cresto. Il Safari è l'occasione per l'ultima uscita ufficiale della 037: Il Martini Racing schiera quattro macchine per Alen, Biasion, Preston ed Hellier, più la privata del greco Criticos. Ha la meglio il buon Markku, che ottiene il terzo posto, mentre Criticos ed Hellier si devono accontentare rispettivamente del 9° e 10° posto. Preston esce di strada e Biasion viene tradito dall'alternatore. La vittoria va ancora alla corazzata Celica con Waldegard. In fondo, la terribile maratona africana rappresenta l'ultima spiaggia per una vettura che non ha più la competitività necessaria, ma gode di una buona affidabilità. Intanto, il Gruppo B sta tragicamente correndo verso la sua fine. In Portogallo la Ford RS200 di Joaquim Santos esce di strada travolgendo la folla assiepata ai lati: tre morti e trenta feriti. I piloti, per la prima volta nella storia dei rally, dichiarano lo sciopero e rifiutano di riprendere il volante. Al Tour de Corse l'equipaggio Toivonen-Cresto è alla testa della corsa quando la loro S4 esce di strada e impatta contro un gruppo di alberi, trasformandosi in una torcia. Nulla da fare per l'equipaggio. Esiste il dramma di due vite spezzate in un tragico incidente, ed esiste il dramma di chi dovrà rischiare ancora la pelle su quei bolidi. Alla fine la F.I.S.A. prende l'unica decisione possibile: il 1986 sarà l'ultimo anno delle Gruppo B. Dal 1987 le Gruppo A diventeranno il riferimento della categoria. La storia della 037 continua nell'ombra, con rally minori, dove le Gruppo B sono ancora ammesse, nelle corse in salita, sul ghiaccio e nell'autocross. Ma i giorni migliori sono ormai alle spalle.

Stefano Costantino

Un cortese ringraziamento al Lancia Club, che ha concesso di fotografare l'esemplare presente all'Automotoretrò del 2004.

  • www.lanciarally037.com, in assoluto il miglior sito sulla 037, corredato di foto e disegni.
  • Cordovani A., Le grandi sfide, allegato ad Autosprint.
  • Lizin M., L'annee Rallyes 1983-1984, A.C.L.A., Parigi, 1984.
  • Guzzardi G., Enzo Rizzo, Cento anni di automobilismo sportivo, Edizioni White Star, Vercelli, 1999.
  • Chichi F., Poche ma buone anzi cattivissime, in Ruoteclassiche, marzo 2003.
  • F.C., 037: valutazioni personalizzate, in Ruoteclassiche, marzo 2003.

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