57° Coppa Intereuropa

5-7 giugno 2009

Ai giovani piacciono le vecchie

Macchine da corsa vecchie anagraficamente, ma non certo nello spirito, come testimoniato dai vivaci ruggiti dei loro motori e dalle avvincenti battaglie in pista. Tanta gente giovane intorno a queste macchine, interessata e competente. Tante famiglie, con padri intenti ad illustrare ai figli le vicende legate alle vetture, e madri pronte ad immortalare con la “digitale” i piccoli accanto al celebre mostro da corsa. Questa la chiave per comprendere il successo della 57a Coppa Intereuropa, che festeggiava i sessant’anni dalla prima edizione, svoltasi nel 1949.

Nonostante la crisi e la generale fuga dei grandi campionati internazionali dall’Italia, spesso per assenza di pubblico, la manifestazione monzese si conferma in ottima salute e dimostra che la passione del pubblico verso l’automobilismo sportivo non è spenta, anche se va sicuramente rianimata e stimolata.

Alla base della formula vincente la varietà dell’offerta, con il vasto mercatino di ricambi e automobilia, la presenza di raduni (tra cui anche quello del registro storico Gilera), che ha permesso a tanti collezionisti di portare in pista i propri gioielli. E poi, soprattutto, le numerose corse con più di 300 macchine, divise in ben 9 serie che si sono alternate sul tracciato.

Il Trofeo Scuderia del Portello ha visto un’animata battaglia tra i più celebri modelli del “Biscione”, come la 1900 TI, le varie versioni della Giulietta e Giulia, fino alle grintose 1750 GTAM e 2000 GTV. Così com’è stato grande lo spettacolo offerto dalle Formula Junior nel Trofeo Fia Lurani: scivolose come saponette, queste piccole monoposto, nate a cavallo tra gli anni ’50 e 60’, inducono facilmente all’errore anche i piloti più esperti, offrendo colpi di scena e cambi di posizione a ripetizione.

Oltre alla Formula 2, quest’anno si poteva contare anche sulla presenza del Trophèe F3 Classic che schierava ben 44 monoposto tra Ralt, March, Martini e altri costruttori più piccoli come Alba, Sala, Ensign e Argo, rappresentanti di un’epoca, quella a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, in cui la Formula 3 era un passaggio obbligato per ogni pilota che coltivasse l’aspirazione di arrivare in Formula 1. Il sogno di quei giovani era proiettato nelle forme e nelle livree di queste monoposto, che riecheggiavano in scala minore le wing car della massima serie. Così, ad esempio, le monoposto costruite da Tico Martini per la Formula Renault Turbo, richiamavano spesso i modelli ufficiali della Regie.

Sempre animato il trofeo ”Dino Morazzoni”, che ha proposto un altro capitolo dell’eterna sfida tra le Ford Cortina Lotus e le Giulia Sprint GT. In teoria l’aveva spuntata la Cortina Lotus di Voyazides-Hadfield, ma la macchina è stata poi esclusa dalla direzione gara e la vittoria è andata alla bianca Giulia Sprint di Anton, la più competitiva delle Alfa, che aveva lungamente combattuto in mezzo alle agili berline inglesi conquistando anche la testa della corsa per pochi giri. Raffinato il parco partenti della GT&Sports Car Cup, con la presenza di diverse AC Cobra, tra cui anche la vincitrice di Rick e Rob Hall, Jaguar E Type, Lotus 11 ed Elite, oltre ad una preziosa Aston Martin DP214 e ad una rara Bizzarrini 5300 GT.

In quanto a valore storico, lo schieramento della Arbuthnot Latham Race for Grand Prix Cars, che raccoglie vetture da Gran Prix, Formula 1 e Indianapolis su un periodo che va dagli anni 30 fino al 1965, non era certo da meno, con due preziose ERA del 1935 e 1936 e diverse Cooper, i terribili “ragni” a motore posteriore che cambiarono il modo di concepire e costruire le macchine alla fine degli anni ’50. Fra le vetture partecipanti anche la Lister Jaguar Monzanapolis, con la carrozzeria in alluminio non verniciato, ricordo di quella terribile corsa che fu la 500 Miglia di Monza del 1958, in cui vetture e piloti europei si trovarono a sfidare gli specialisti di Indianapolis sull’anello di velocità, dove le vibrazioni generate dal fondo stradale tritavano le sospensioni, favorendo le più robuste macchine americane.

Come tradizione, anche quest’anno erano presenti le vetture del Fia Historic Formula One Championship, dove si è facilmente imposto Rowland Kinch con l’Arrows A4/2. Un risultato tutt’altro che scontato, visto che il favorito della vigilia era Joaquin Folch con la Brabham BT49 del 1982. Durante le prove, infatti, lo spagnolo aveva conquistato la pole davanti a Kinch con un tempo di 1’44”186, contro 1’45”189 dell’inglese. Alla partenza della corsa, domenica pomeriggio, 6 macchine, tra le quali quella di Folch, sono rimaste ferme sullo schieramento. In conseguenza è stata ripetuta tutta la procedura e nel secondo giro di formazione, la Brabham dello spagnolo ha registrato un problema che lo ha costretto a partire dal fondo. Folch ha dovuto così prodursi in una prodigiosa rimonta, facendo segnare anche il giro più veloce in 1’45”670, al termine della quale ha tagliato il traguardo in terza posizione, dietro alla March 761/6 di Kubota.

La presenza delle vetture Gruppo C, e in particolare di mostri sacri come i due esemplari di Porsche 962 e la raffinata Mercedes, hanno aggiunto ulteriore interesse alla manifestazione. Potenti e impressionanti come prestanza scenica, questi magnifici prototipi hanno animato due corse. Nella prima la vittoria è andata a Bob Berridge sulla Nissan che, partito come una palla di cannone dalla quinta fila, si è proposto subito in testa, duellando poi a lungo con la Spice di Haddon. Nella seconda corsa, Berridge è passato al volante dell’Aston Martin di Paul Whigth e ancora una volta si è confermato protagonista, portando la macchina in testa e lottando poi a lungo con la Porsche 962 di Wayne Park, detentrice della pole, che sembrava destinata a prevalere sul finale di gara. Peccato che il pilota inglese, messo sotto forte pressione dalla scatenata Aston Martin, abbia commesso un brutto errore, insabbiandosi in parabolica nel corso del penultimo giro e regalando ancora la vittoria a Berridge.

Questo lo spettacolo al quale il numeroso pubblico ha potuto assistere. Queste le macchine che ha potuto ammirare e avvicinare nel corso di due fantastiche giornate. Un successo organizzativo della AC Milano e della direzione dell’Autodromo, che mostra la via al di là degli eventi legati alle macchine storiche. Perché oggi, per riportare il pubblico sulle piste, non basta più offrire un posto in tribuna e far correre le vetture, ma occorre creare un contesto in cui le persone possano muoversi da protagoniste, trovare spazio e stimoli diversi, potendo vivere più da vicino le macchine, i propri beniamini e godere appieno di quella grande festa che è una corsa automobilistica.

Stefano Costantino

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