Sette categorie, settanta marche di automobili, duecentodieci piloti giunti da diciannove diversi paesi a rappresentare i cinque continenti; sono questi i numeri da capogiro che riassumono, una volta di più, uno spettacolo unico nel suo genere, che ormai, a partire dal 2000, viene messo in scena ogni due anni. Anche l'edizione 2008 del Gran Premio storico di Monaco non ha deluso le attese, dimostrando di essere l'evento per auto storiche agonisticamente più interessante. Quest'anno poi gli organizzatori hanno condito il tutto con due parate di eccellenza: oltre ai soliti trenta minuti di Ferrari F1 clienti, sui 3km340m più anacronistici ed affascinanti del mondo si sono rivisti alcuni modelli di motociclette che avevano dato vita all'unico Gp Moto di Monaco e la replica dell'Auto Union tipo C, condotta per l'occasione da Ickx.
Alla fine, delle sette gare in programma, quattro hanno visto trionfare piloti di nazionalità americana.
L'Acm ha dedicato quest'anno una particolare attenzione a questa serie, nell'intento di festeggiare i 50 anni dalla nascita di una categoria voluta fortemente dalla Commissione Sportiva Internazionale su idea del Conte Lurani per rilanciare i giovani talenti. In soli sei anni di vita, la Formula Junior sfornò campioni del calibro di Jim Clark, Denny Hulme, John Surtees e Lorenzo Bandini, continuando peraltro a seguire le evoluzioni tecniche dettate dalla Formula 1: inizialmente progettate con il motore anteriore, le vetture incrementarono le prestazioni a partire dal 1960 con l'adattamento di telai di Formula 1 Cooper a motore posteriore. Per meglio ricordare l'esordio delle Junior, la serie è stata riservata alle monoposto fabbricate entro il 1960 (e pertanto a motore anteriore), con opportunità di iscrizione anche per i primissimi progetti a motore posteriore: ne ha approfittato Stefano Rosina, iscrivendo una Moretti Branca FJ con la quale, dopo un ottimo quinto tempo in prova, si è dovuto accontentare in gara del decimo posto.
A contendersi la vittoria sin dalle prove, Goodwin su Gemini e Monson su BMC, con il primo capace di conquistare la pole per soli 47 millesimi, mentre alle loro spalle un duo Stanguellini pilotate nell'ordine da Gans e Simone Stanguellini. La domenica mattina, al via, Monson parte meglio dell'avversario transitando primo a St. Devote, con Goodwin impegnato a difendersi da Stanguellini: il pilota della Gemini si lancerà in un disperato inseguimento cui dovrà ben presto rinunciare di fronte alla competitività dell'avversario. Per il terzo posto la lotta tra le due Stanguellini durerà solo 2 giri a causa del ritiro di Gens: ad impensierire Simone ci proverà invano Chisholm su Gemini che, dopo essere partito dalla quarta fila, farà registrare ottimi tempi in gara che lo faranno rinvenire a soli due secondi dall'italiano. Vittoria dunque per Monson, che migliora così il secondo posto ottenuto nel 2004, seguito da Goodwin a 4"799 e da Stanguellini a 9"307.
Un parco vetture di grande interesse ha quest'anno arricchito la serie voluta per ricordare il dodicesimo Gran Premio di Monaco, corso da vetture sport per compensare lo scarso numero di monoposto F2 che quell'anno si contendevano il campionato mondiale di formula uno. Presenti nei paddock numerose Ferrari, tra le quali una 166MM, tre BMW 328, una delle quali iscritte da Dieter Quester e una Skoda 1101 sport, oltre alle solite Aston Martin, Jaguar, Gordini e altre ancora.
Anche quest'anno si è riproposto il duello tra la Frazer Nash Mk2 di John Ure e le Jaguar C Type di Webb e Wenman, ma l'attenzione del pubblico si è concentrata nell'osservare Sir Stirling Moss alla guida della solita Frazer Nash Mk1 e poco importa se ha ottenuto solo il ventiquattresimo tempo in prova e il diciottesimo posto in gara: a stupire è stata la determinazione che a 78 anni questo grande pilota del passato ha mostrato nel percorrere a tutta velocità quelle strade che lo videro imporsi per ben tre volte a cavallo tra la fine degli anni 50 e l'inizio degli anni 60.
Ritornando ai protagonisti della categoria, nel corso della prima sessione di prove Ure si è assicurato la Pole, anche se nel corso della seconda il duo Jaguar ha notevolmente avvicinato il suo miglior tempo; dietro di loro McGuire su Gordini 23S che tuttavia darà forfait per la gara.
La domenica, allo spegnersi delle luci rosse del semaforo, Webb scatta meglio di tutti e si infila per primo nella strettoia di St. Devote, seguito da Ure e Wenman: inizia subito una lotta senza esclusione di colpi tra i primi due, con Ure che, dopo aver stuzzicato l'avversario praticamente ad ogni curva, tenta di infilarsi alla Nogues. Webb per difendersi finisce un po' lungo e in uscita viene affiancato dell'avversario che, tuttavia, riuscirà a ripassare sul rettilineo grazie alla maggior potenza del motore Jaguar. Alla staccata di St. Devote il leader provvisorio finisce nuovamente lungo, lasciando questa volta via libera alla Frazer Nash ma soprattutto innescando una carambola alle sue spalle che costringerà la Allard di Verey al ritiro con qualche ammaccatura di troppo.
Ure da qui in avanti non avrà più problemi nel bissare il successo del 2006, mentre per buona parte dei restanti nove giri si assisterà ad un serrato duello tra le due Jaguar, che alla fine vedrà prevalere Wenman su Webb. Da segnalare anche l'ottima prova di Franklin su BMW, giunto quarto sotto la bandiera a scacchi.
Quando il venerdì pomeriggio siamo arrivati a Montecarlo e ci siamo messi a passeggiare per i paddock per conoscere l'ubicazione delle varie categorie, non possiamo negare di aver speso molto del tempo a disposizione nell'ammirare le vetture protagoniste di questa serie; osservare la Bugatti 35T che nel 1925 corse il GP di Spagna o l'Alfa Romeo P3 che Chiron portò al secondo posto nel GP di Monaco del 1934, porta inevitabilmente ad un sentimento di profondo rispetto per coloro che di quel periodo d'oro furono artefici.
In pista i più veloci sono stati, sin dalle prove del sabato mattina, Grist su Alfa Romeo P3, Bronson su Era D Type, Dowling e Ott su Era B Type e Balz su Maserati 6CM. Nel corso della seconda sessione i tempi sono stati abbassati notevolmente rispetto al primo turno, ma i valori in campo sono rimasti fondamentalmente gli stessi: Bronson, con un tempo di 2'06"105, si è garantito la prima posizione sullo schieramento di partenza, precedendo Grist, Dowling (che in gara non riuscirà neppure a prendere il via), Balz e Ott.
La domenica, alla partenza, i primi due s'involano in testa ad un ritmo forsennato, mentre alle loro stalle Ott transita a St. Devote davanti a Balz che, nelle prime fasi di gara, non riesce ad avvicinare l'avversario per recuperare la posizione perduta. Nel corso del terzo giro Ott finisce contro le barriere nel tentativo di passare una vettura più lenta e costringe la direzione a far entrare in pista la Safety car. Quando si riparte Bronson si produce in una serie di tornate velocissime nel tentativo di creare un certo margine tra se e Grist, minaccioso sin dal primo giro. L'azione dà i suoi frutti nel corso dell'ottavo giro, quando, complici anche alcuni doppiaggi, il pilota della Era mette tre secondi tra se è il rivale, sufficienti a fargli cogliere la seconda vittoria nel Principato dopo quella del 2002, nell'allora categoria 1935-1951. Alle sue spalle Grist a 2"891 e Balz, che dopo il ritiro di Ott si è limitato a controllare la Mg Parnell K3 di Last, a 28"864.
Da segnalare che il miglior giro in gara, ottenuto da Bronson, è stato di due secondi più basso rispetto al miglior tempo ottenuto nel corso delle due sessioni di prove: 2'04"225.
La serie in analisi, indicata con la lettera B, potrebbe essere tranquillamente rinominata serie………. Duncan Dayton: si perché, non solo l'americano si è imposto per la terza volta consecutiva, ma lo ha soprattutto fatto con una facilità disarmante. In gara è sembrato che avesse persino una vettura di un'altra categoria, andando "a spasso" e facendo registrare in media tempi di 2-3 secondi al giro più rapidi rispetto agli avversari.
Nel corso delle due sessioni di prove, l'unico avversario di Dayton (1'55"788), sulla consueta Lotus 16, è stato il solito Folch- Rusinol, alla guida di una vettura gemella che, dannandosi l'anima, nel corso della seconda sessione è riuscito a ridurre il divario dall'americano a 1"229. Dietro di loro un "buco" di quasi 5 secondi prima di ritrovare Baxter su Tec-Mec Maserati, Smith su Ferrari 246, Nuthall su Alta F2 e Wigley su Connaught B type.
La domenica i primi quattro partono bene mantenendo le posizioni a St. Devote, mentre alle loro spalle Wigley arriva alla staccata in vantaggio su Nuthall, ma si ritrova davanti la Ferrari 246 che lo rallenta facendogli perdere la posizione. Il pilota della Connaught non si da per vinto e attacca l'avversario al Mirabeau, passandolo all'interno ed issandosi in quinta posizione. Davanti Dayton, come già detto, si invola verso la vittoria con un ritmo disarmante, seguito dal solitario Folch e dal duo Baxter-Smith in lotta. Al quinto giro lo spagnolo deve però parcheggiare la sua Lotus a bordo pista, accendendo ancora di più la lotta alle sue spalle: nel corso del settimo giro Smith rompe gli indugi passando la Tec-Mec e tentando di allungare. Baxter non ci sta e, gettandosi all'inseguimento dell'avversario, ferma i cronometri sull'1'58"637: si tratta di un tempo da cineteca che gli consente di ritrovarsi negli scarichi della Ferrari, che poi riuscirà a superare al tornantino del Sun-Casino, complici due doppiati.
Sul traguardo Dayton transita vincitore con un vantaggio di 31"338 su Baxter e 31"542 su Smith, entrambi raggianti nella consapevolezza di essere stati i veri protagonisti di questa corsa.
Come già successo in passato, questa categoria è quella che ha registrato il maggior numero di iscritti (ben 36), molti dei quali alla guida di Cooper o di Lotus; non sono poi mancate vetture di grande prestigio o addirittura pezzi unici, tra i quali due BRM P261, una BRP-BRM 64, una DeTomaso Alfa Romeo e una Emeryson F1. Tuttavia al termine della sessione di prove mattutina, con decisione 1-E i Commissari sportivi hanno escluso dalla classifica ben 8 concorrenti, rei di aver installato sulle proprie monoposto sistemi di accensione elettronica non compatibili con quelli utilizzati all'epoca: di per se questa modifica non da grossi vantaggi in termini di potenza, ma migliora sensibilmente la coppia, fattore determinante su un circuito tortuoso come Montecarlo.
Rimasti solo in 28, a contendersi il primato sono stati, sin dal sabato mattina, Hadfield su Lotus 21, Hanson su Scirocco F1, Baillie su Cooper 36 e Mussa su Lotus BRM 24: ad essi va aggiunto Sytner che, ottenuto il miglior tempo in mattinata, non potrà prendere parte alla seconda sessione di prove, finendo con il retrocedere al quarto posto. Alla fine Hadfield l'ha fatta da padrone con il tempo di 1'53"584, precedendo, con un vantaggio superiore ai 3", Hanson, Baillie, Sytner e Mussa. Per i monegaschi un quarto e quinto posto che sanno di vittoria, nonostante qualche problema di troppo presentatosi.
La domenica la gara si rivelerà la meno interessante, con Hadfield, Hanson e Sytner che, nel corso dei primi giri, allungheranno decisamente sugli avversari. Il pilota monegasco alzerà bandiera bianca nel corso del quarto giro, raffreddando definitivamente la lotta per il primo posto. Dietro di loro Mussa, dopo una non brillante partenza, recupera su Baillie e lo passa a pochi giri dal termine.
All'arrivo Hadfield si impone con un vantaggio di 7"993 su Hanson (miglior risultato di sempre per la Scirocco) e 29"438 su Mussa: da segnalare che il miglior crono in gara è stato quello fatto registrare nelle prime fasi di gara da Hanson il quale, pressato da Sytner, aveva girato in 1'54"193.
Trentuno splendide vetture hanno dato vita a questa serie, nella quale si ripropone da subito il duello tra Dayton su Brabham BT33 e Folch su McLaren M23, seguiti da altri ottimi interpreti della categoria, tra i quali Rossi di Montelera su Brabham BT 42/44, Sytner su Hesketh 308 e Knapfield su Brabham BT42. Dietro di loro, in quanto a prestazioni, il vuoto!
Non mancano per il resto vetture di prestigio: due Ferrari 312 (una in versione '67, l'altra '69), tre Matra 120 (rispettivamente A,B,C), un Tyrrell 007, una Iso Marlboro FX3B (danneggiata nel corso della prove per una toccata alla chicane) e un'inedita Token.
Nella prima sessione di qualificazione, Folch sembra essere irraggiungibile, piazzando un tempo di 2" più basso degli avversari, con Sytner a guidare gli inseguitori. Al pomeriggio però la pista gommata fa scendere notevolmente i tempi, ed ecco risorgere Dayton che ingaggia un duello appassionante con il pilota McLaren: a suon di giri veloci l'americano si assicura la Pole con il tempo di 1'37"688, con soli 0"040 di vantaggio su Folch e poco più di 1" su Rossi e Sytner.
La domenica, allo spegnersi del semaforo rosso i primi giungono a St. Devote mantenendo le posizioni conquistate in qualifica, mentre alle loro spalle Burani, su McLaren stenta a difendersi dagli avversari. Nel corso del secondo giro si ferma Knapfield, che già sullo schieramento di partenza aveva accusato problemi di accensione, lasciando il quinto posto a Somerville su Brabham BT37. Cinque giri dopo il canadese tenta il doppiaggio sulla Hesketh di Brahin al Casinò ma quest'ultimo chiude la traiettoria e le due vetture si toccano: la 308 viene letteralmente capottata finendo la corsa contro le barriere. Safety car in pista e commissari al lavoro per tirar fuori il pilota e liberare la pista dalla benzina fuoriuscita.
Alla ripartenza Dayton e Folch riescono finalmente a distanziare Rossi e Sytner, giocandosi negli ultimi giri la vittoria. A due giri dal termine Sytner arriva a St. Devote con le ruote bloccate: non si tratta di un errore ma di un problema che costringe il pilota alla resa, lasciando definitivamente a Rossi di Montelera il gradino più basso del podio.
Gli ultimi due giri vivono sul duello per la vittoria, con Dayton che chiude tutti i varchi all'avversario conquistando una meritata vittoria con soli 243 millesimi di vantaggio su Folch e 17"276 su Rossi di Montelera. Allo spagnolo resta la soddisfazione del giro più veloce in gara, in 1'35"658.
La serie regina della manifestazione, così come già successo nella scorsa edizione, è stata senza ombra di dubbio quella che ha regalato lo spettacolo più avvincente. Edwards, con la sua Penske PC3 arrivava a Montecarlo con ottime credenziali per la vittoria finale, soprattutto dopo quanto mostrato nel 2006, e infatti nel corso delle due sessioni di prove ha costantemente messo in fila tutti gli avversari, primo tra tutti quel Mauro Pane (Tyrrell P34) che della scorsa edizione era stato indubbio protagonista. Alle loro spalle le due Ensign di Martin e Richelmi precedevano Stretton, che lamentava numerose difficoltà di maneggevolezza della sua P34. Nella serie erano iscritte anche altre vetture di grande interesse, tra le quali la Brabham BT45B, la Wolf WR1 e tre Ferrari 312 rispettivamente T,T2 e T3.
Che Edwards non scherzi lo si capisce dal tempo di 1'33"242 con cui si assicura la Pole: di ben otto decimi più basso di quello ottenuto nel 2006 relega il primo degli inseguitori a due secondi.
Al via della gara il pilota della Penske non è lesto e Pane ne approfitta per soffiargli la prima posizione: anche Richelmi, partito come un razzo, affianca l'americano a St. Devote, ma è all'esterno e deve desistere. Seguono Martin, che ha perso una posizione a vantaggio del pilota monegasco, Stretton (che si ritirerà al terzo giri) Dunn su March 761 e Kubota su Williams FW06.
Per i quattro giri successivi la gara è animata da due duelli: il primo vede Pane difendersi ad ogni curva dagli attacchi di Edwards, che proprio non ci sta ad essere sconfitto di nuovo, il secondo con Richelmi che difende la terza posizione dal ritorno di Martin. Nel corso del quarto giro Pane commette un errore in ingresso al Tabaccaio e danneggia seppur di striscio l'alettone anteriore. La macchina diventa decisamente meno stabile e la Penske si fa ancora più minacciosa. L'americano tenta alle piscine, alla Rascasse e a St. Devote ma l'italiano resiste, finché la sua Tyrrell non si scompone sul dosso in uscita del Casinò, costringendolo ad alleggerire il gas. Edward ne approfitta affiancandolo e superandolo al Mirabeau, e imponendo un ritmo che in pochi giri gli consente di assicurarsi un margine di circa cinque secondi. Alle loro spalle Martin supera nello stesso punto Richelmi, riprendendosi il terzo posto, ma l'attenzione è tutta per Kubota che, passato Dunn e girando sui tempi dei primi due, avvicina pericolosamente il duo Ensign.
Per il giapponese passare Richelmi è uno scherzo, mentre per Martin impiega un giro e mezzo. Sembra fatta per il terzo posto ma alla Rascasse finisce sull'olio di una vettura in difficoltà fermandosi proprio prima di sbattere contro le barriere. Quando riparte è quinto con soli tre giri davanti: tenta il tutto per tutto ma, proprio all'ultimo giro, va in testacoda a St. Devote sbattendo il posteriore contro i guard rail. Kubota riuscirà a terminare la gara privo dell'ala posteriore e perdendo anche la quinta posizione a vantaggio di Dunn.
Dopo 24'31"285 Edwards corona il sogno di vincere a Montecarlo precedendo Pane di 2"105 e Martin di 18"847. Suo anche il giro più veloce in 1'34"019.
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