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Prima dell'avvento di "Tin-Lizzie", come venne affettuosamente ribattezzata la Ford T, acquistare una vettura non doveva essere molto diverso dal comperare un vestito su misura. Ci si recava da un costruttore sull'onda della fama che circondava un marchio o su consiglio di qualche amico. Il patron dell'azienda accoglieva personalmente i clienti e probabilmente accompagnava il visitatore in un interessante viaggio nei reparti, dove operai specializzati lavoravano con cura alla costruzione degli autotelai. A quel punto si passava negli uffici per avere ulteriori delucidazioni sui modelli disponibili. Scelta la base si passava alla carrozzeria osservando diversi cartoncini che raffiguravano varie configurazioni. Se il cliente era particolarmente facoltoso, poteva chiedere un disegno esclusivo o decidere che l'autotelaio venisse vestito da un carrozziere di fiducia, assicurandosi così l'assoluta unicità del suo esemplare. Un pericolo, quello dell'omologazione, che in quegli anni non sussisteva, perché di fatto ogni vettura era diversa dalle altre, se non nell'aspetto generale, certamente nelle misure. Queste differenze non erano dovute a cattiva volontà, o peggio ad errori da parte degli operai. Era semplicemente il risultato di un sistema produttivo che manteneva forti legami con l'artigianato, oltre che delle tecnologie disponibili in quegli anni. Ad esempio non esistevano macchine utensili in grado di lavorare metalli pre-temprati: ciò obbligava a lavorare il pezzo ed ad inviarlo solo in un secondo momento ai forni, esponendolo alle dilatazioni causate dal processo di tempra. A complicare la situazione si aggiungeva il fatto che i fornitori non usavano gli stessi calibri dell'azienda committente. In questo modo l'assemblaggio era un paziente lavoro d'aggiustaggio per far combaciare le diverse componenti, alzando inesorabilmente i tempi di consegna e i costi. Una volta che l'autotelaio era stato allestito dal carrozziere, il cliente veniva invitato in fabbrica, non certo per ritirare il suo giocattolo ma soltanto per vederlo e iniziare una lunga serie di prove su strada che comportavano ulteriori modifiche. Soltanto al termine di questa fase la vettura poteva dirsi veramente pronta: il proprietario poteva portarla trionfalmente a casa per godersi tutte le gioie e i dolori che il possesso di un'automobile comportava in quegli anni. Unicamente considerando questo macchinoso processo produttivo, possiamo renderci conto dell'autentica rivoluzione che la Ford T portò con se. Con la sua comparsa, l'automobile iniziò ad uscire dalla sfera limitata dei beni di lusso, assolvendo quel ruolo di mezzo di trasporto per cui era stata concepita.
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Fin dal progetto iniziale la Ford T possedeva nel suo DNA l'innovazione tecnica: il telaio era una robusta struttura in acciaio stampato, in un'epoca in cui il legno era ancora largamente diffuso per la facilità con cui lo si poteva lavorare. Il metallo era ancora una materia ostica e le tecnologie per lo stampaggio muovevano i primi passi. Il motore era un semplice ed elastico quattro cilindri a valvole laterali, accoppiato ad un cambio epicicloidale a due marce più retro. I cilindri erano ricavati da un monoblocco, altro ulteriore passo avanti, se si conta che la maggior parte dei motori in circolazioni erano formati da più blocchi assemblati. Inoltre la testata era completamente smontabile per permettere un facile accesso alle valvole in caso di guasti. La trazione era assicurata da un albero collegato ad un differenziale posteriore, tecnologia che surclassava di gran lunga la tradizionale trasmissione a catena, presente ancora su molti modelli della concorrenza. Tutto era pensato per un utilizzo ed una manutenzione agevoli da parte degli stessi proprietari: in loro aiuto veniva una speciale guida che presentava dettagliati rimedi a ben 64 possibili inconvenienti. I pezzi di ricambio erano perfettamente intercambiabili grazie all'adozione di calibri unici tra la Ford e i suoi fornitori, oltre ai progressi delle macchine utensili che ora potevano lavorare direttamente sui metalli temprati: finalmente veniva introdotto il concetto di standard, che sta alla base della produzione di massa e ogni vettura poteva dirsi uguale alle altre. Su questa base venivano montate cinque diverse configurazioni di carrozzeria: Roadster, piccola utilitaria a due panchette, dotata di un'esile capottina per riparare i passeggeri anteriori. Nel 1909 il cliente americano poteva portarsela a casa per 825$. Sulle statistiche della Ford non è menzionata e presumibilmente dovrebbe trovarsi sotto la dicitura Runabout, perché i numeri di produzione per il primo anno, incrociati con quelli di un'altra ricerca, corrispondono. La Touring era una torpedo a cinque posti da 850$ di costo e rappresentò il vero punto di forza della gamma T, con più di sei milioni di esemplari venduti in diciannove anni di produzione, quasi la metà del totale. Con 100$ in più si accedeva alla Coupé, una due posti secchi dotata di scarso fascino, forse perché in quegli anni questa parola non aveva ancora acquistato l'aura mistica che ha oggi. L'unico vantaggio era dato dal tetto rigido che nei canoni dell'epoca giustificava il maggior prezzo. Il top di gamma era occupato dalla Town car, sorta di limousine con i sedili posteriori racchiusi in un bell'abitacolo dotato di capotte, per farsi ammirare nelle belle giornate di sole, a spasso per la città. Costava la bellezza di 1000$, mentre non è dato sapere il prezzo della più fastosa Landaulet, che ricalcava in linea generale il concetto espresso nella Town car, con l'unica differenza di esporre l'autista alla polvere e alle intemperie delle strade, privo com'era di qualsiasi riparo. Ne vennero prodotte soltanto 300 unità e poi sparì nel nulla. Negli anni successivi avrebbe assunto sempre più rilevanza la gamma di accessori con cui era possibile arricchire la propria vettura: antifurti che bloccavano il carburatore, ruote posteriori gemellate per trasformare la T in una macchina agricola o prese di forza per aggiungervi pompe da irrigazione. Mancavano soltanto un paio di ali per volare, ma per il resto questa vettura era pronta ad ogni impiego.
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Diciannove anni di vita per un'automobile equivalgono ai novanta di un uomo: un'età di tutto rispetto. Oggi un modello non può restare sul mercato per più di quattro o cinque anni, poi bisogna buttare tutto a mare perché la gente è annoiata e vuole qualcosa di completamente nuovo ed innovativo. In certi casi si può gridare al miracolo se si salva almeno il nome o una vaga fisionomia. Ovviamente la Ford T non attraversò quel ventennio immacolata: fisionomia e struttura ricevettero continui aggiornamenti per mantenerla al passo con i tempi, anche perché quello fu il periodo cruciale in cui lo stile dell'automobile si liberò definitivamente dai legami con le vecchie carrozze trainate a cavallo, intraprendendo un proprio cammino contrassegnato da continue evoluzioni di linea e di impostazione. Già pochi mesi dopo l'avvio della produzione venne completamente rivoluzionato il sistema di guida e la dislocazione della strumentazione essenziale: all'inizio vi era una leva per il freno a mano e una seconda per la retro, il pedale sinistro per le due marce e la folle, mentre il pedale destro comandava i freni a tamburo sulle ruote posteriori. L'acceleratore era controllato da una leva posta sotto il volante. Successivamente il sistema fu modificato e la leva della retromarcia venne commutata con un pedale centrale ai due precedentemente esistenti. Inoltre dal Giugno 1909 fu introdotta la verniciatura standard Brewster Green, un verde molto scuro, su tutti gli esemplari prodotti. Nel 1911 questo colore fu sostituito dal blu scuro e poi negli anni '13-'14 dal nero, reso celebre da una famosa frase dello stesso Henry Ford, secondo cui ogni cliente poteva avere la sua Ford T del colore che desiderava, purché fosse nera. La scelta di questa tinta pare fosse dovuta alla maggior velocità con cui asciugava e dall'essere praticamente l'unica uniforme sull'intero territorio degli States, facilitando enormemente le riparazioni di carrozzeria. Da notare che fino a quel momento la fase di verniciatura era una vera e propria bestia nera per tempo e costi: le pannellature in legno della carrozzeria richiedevano 14 mani di vernice e venivano levigate dopo l'essiccazione. Complessivamente, il tempo richiesto per completare il procedimento era di circa trenta ore, ma con l'adozione di pannelli in acciaio e della verniciatura a spruzzo si riuscì a snellire l'operazione. Ma il 1913 fu anche l'anno che vide entrare in funzione la prima catena di montaggio nella storia dell'industria automobilistica: semplici strisce di acciaio che viaggiavano lungo i reparti trascinando pezzi, motori e vetture di postazione in postazione, mentre in precedenza erano gli operai a doversi spostare da una lavorazione all'altra. Inoltre, la catena di montaggio permetteva di spezzare il processo produttivo in tante operazioni elementari che limitavano l'uso di manodopera specializzata e costosa. La sua gestione era economica e la produttività salì in maniera vertiginosa. Furono proprio i prezzi a risentire maggiormente della rivoluzione e nel 1915 la Touring costava appena 440$, poco più della metà degli 850$ necessari nel 1909, ma questa cifra era ancora destinata a scendere con lo sfruttamento delle economie di scala. Dal 1914 vennero messi in vendita anche gli chassis nudi, che i carrozzieri allestivano in svariate configurazioni soprattutto per usi commerciali, data la notevole robustezza di telaio e meccanica. Nel 1915 scomparvero i fanali a gas, sostituiti da un impianto elettrico che sovrintendeva anche al funzionamento del clacson. Inoltre la gamma si arricchì della Coupelet, vetturetta a due posti con capottina avvolgibile e finestrini laterali abbassabili. Per entrarne in possesso occorrevano la bellezza di 1590$. La nuova e seriosa berlina Sedan costava invece "soltanto" 740$ ed era contraddistinta da una portiera per lato, in posizione centrale tra i sedili anteriori e quelli posteriori (era anche conosciuta come Centerdor, dalla contrazione di central e door). M'immagino le contorsioni necessarie per accedere al posto guida. Questi furono anche gli anni della sanguinosa prima guerra mondiale e quando gli Stati Uniti decisero di prendervi parte, la Ford si unì allo sforzo bellico mettendo in produzione una versione "Ambulance" della T, destinata al fronte europeo. Nel 1919 fece la sua comparsa lo starter elettrico in sostituzione del classico sistema d'avviamento a manovella, ma per il momento restò appannaggio delle vetture a tetto rigido, mentre sulle scoperte figurava come un optional da 75$. In abbinamento allo starter veniva fornito anche un pannello strumenti molto essenziale. L'anno seguente la produzione fu razionalizzata e la gamma si ridusse a soli quattro modelli: Touring, Runabout, Sedan (le versioni berlina) e Coupé. Scomparvero la ormai obsoleta Town car, la versione Ambulance e la Coupelet. Lo stile dell'automobile evolveva velocemente e nel 1921 si procedette ad un completo restyling della Touring, il modello di gran lunga più venduto. Le linee vennero ammorbidite, rinunciando a certe spigolosità proprie degli anni '10. Si raggiunse così una maggiore armonia tra il cofano motore, parafanghi e carrozzeria. Nel 1922 entrò in produzione la Sedan Fordor (four doors), in sostituzione dell'ormai obsoleto modello Centerdor, mentre l'anno successivo debuttò la Tudor (two doors) con le portiere in corrispondenza dei sedili anteriori. Il 1923 segnò anche il record di vetture costruite in un anno: 2.011.125 esemplari assemblati e venduti in tutto il mondo. La Ford, attraverso il successo di questa world car ante litteram, era diventata ormai una multinazionale con interessi in tutti i paesi industrializzati. Il 1925 segnò l'ultima tappa decisiva nella storia della T: i prezzi non erano mai stati così bassi e all'automobilista americano una Touring costava 290$, una Runabout 260$, mentre per la Coupé ce ne volevano 520. Più elevato il prezzo di Tudor e Fordor, per il cui acquisto occorrevano rispettivamente 580$ e 660$. Per la prima volta erano disponibili pneumatici con camera d'aria al posto delle gomme piene e finalmente era possibile scegliere la tinta della carrozzeria, eliminando lo standard del nero. Nel 1926 scomparvero definitivamente le versioni con avviamento a manovella e lo starter divenne di serie su tutta la gamma. Si cercò ancora una volta di dare una rinfrescata alla linea della T, lavorando soprattutto sui parafanghi per cercare un maggiore equilibrio con le altre componenti, ma ormai le vendite cominciavano a calare e soltanto le versioni commerciali sembravano reggere bene il mercato. La concorrenza aveva adottato gli stessi metodi produttivi della Ford e ora cavalcava con essa l'onda lunga della motorizzazione di massa. Ma soprattutto la T non era più adeguata ai gusti e alle possibilità di un paese che viveva un periodo di ricchezza diffusa e crescente: erano gli anni del boom petrolifero texano e il carburante costava una miseria. La gente voleva vetture più grandi e più potenti, non importava quanto consumassero. Sul vecchio continente la situazione era completamente diversa, ma la T continuava ad essere fuori misura e per quanto questa situazione potesse essere paradossale, i pochi automobilisti europei la trovavano troppo grande. Il carburante costava molto e si preferivano vetture più piccole, ma più economiche. Inoltre, in Europa i possessori d'automobili erano già oggetto di meticolosa tosatura da parte del fisco, scoraggiandone ulteriormente la diffusione. È forse proprio in questi anni che si verificò quella radicale diversificazione nel concepire l'automobile tra le due rive dell'Atlantico: di là il gigantismo sfacciato e di qui il compromesso tra tassazione, comfort, economicità e potenza. Praticamente la quadratura del cerchio. Il primo Giugno 1927, il motore recante numero 15.007.003 venne montato sull'ultima Ford T. La meccanica continuò ad essere prodotta fino al 1941 ed utilizzata nella produzione di veicoli commerciali ma, di fatto, la T morì in quel giorno per lasciare posto alla A, più grande, più potente e sostanzialmente diversa. Ma la nuova vettura non poté certo fregiarsi dell'onore di aver motorizzato l'America, né conquistò quel record d'esemplari prodotti (più di quindici milioni) che soltanto il Maggiolino Volkswagen riuscì a strappare a "Tin Lizzie".
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