Sono belli i ballerini di tango, forti e fragili al medesimo tempo. Sono forti le passioni espresse nella danza e i movimenti dei corpi, in un pendolo tra sentimenti contrastanti che non sembra conoscere vie di mezzo tra il prendersi e il lasciarsi. Ma sono anche fragili, perché la vera forza sta in quella musica, un po’ dolente e malinconica, che comanda con il suo ritmo i passi di danza. Come il destino a volte sembra fare con gli esseri umani. Un tango per sottofondo, la fortuna per compagna di ballo, nella sua avventura come pilota Carlos Alberto Reutemann, argentino di Santa Fe, classe 1942, è sembrato anche lui forte e fragile allo stesso tempo, tanto che il giudizio sulla sua esperienza è rimasto sospeso. Enzo Ferrari lo dipinse come “tormentato e tormentoso”, una di quelle definizioni che suonano così bene da rivelarsi poi come una condanna a tempo indeterminato. Ciò che il Drake scrive dopo il suo lapidario giudizio è un misto di complimenti e di velenose osservazioni: “Capace di risolvere situazioni difficili, supplendo anche ad occasionali deficienze meccaniche, ma labile a sciupare per emotività congenita risultati acquisibili in partenza. Ci ha lasciati, in questo emulando Fangio, per ottenere la macchina che valutava vincente per il 1979 e con la quale contava di conquistare il titolo mondiale che aveva mancato, con noi, pur vincendo quattro Gran Premi nella stagione 1978. Non c’è riuscito, e ha concluso la sua onesta carriera senza potersi laureare campione del mondo.”. Alla fine “onesta carriera” sembra essere la media tra il bene e il male che si può dire di lui. In fondo, altri gli hanno scritto addosso in maniera anche più corrosiva. Così, ad esempio, ce lo descrive Renato D’Ulisse nel “Ferrari Opera Omnia”: “Era a metà divertente e a metà sconcertante osservare questo uomo dal fisico atletico e dai lineamenti fin troppo perfetti, un bel tenebroso da romanzetto rosa se vogliamo, aggirarsi nella corsia box col suo passo da cammello e l’espressione corrucciata occhieggiando le monoposto proprie e le altrui, quasi a cercare di scoprire i segreti che gli risultavano ostici e paurosi. Potevi chiedergli qualsiasi cosa, un giudizio, una previsione, le sue aspettative e lui perennemente scuoteva la testa e perennemente rispondeva con la frase ormai scolpita nelle lapidi della Formula 1: “Es dura, es muy dura”. Oppure stringeva le labbra, alzava gli occhi al cielo abbozzando un mesto sorriso e restava muto come un pesce.” Eppure si ammette che veloce era veloce e chi guarda alla metà piena del bicchiere si spinge fino a paragonare la sua esperienza a quella del celebre Stirling Moss: dotato, vincente ma non baciato dalla fortuna del titolo iridato, pur avendo tutte le potenzialità per conquistarlo e dopo averlo a lungo rincorso e cercato. Una rincorsa incominciata in Argentina il 30 maggio 1965, in una gara per vetture Turismo sul circuito di La Cumbre, dove Carlos debutta con una grossa Fiat 1500. E’ subito ritiro, ma per il giovane figlio di don Enrique Reutemann, ricchissimo proprietario terriero di origini tedesco-svizzere, le corse non sembrano essere soltanto un capriccio e il ragazzo ci da dentro. A poco più di un mese dal debutto vince sul circuito di Villa Carlos Paz, sempre a bordo della berlina torinese. Gli anni successivi lo vedono impegnato a correre nel campionato Turismo nazionale, conquistando il titolo nel triennio 1966-1968. Reutemann inizia a farsi un nome e nel 1969 viene ammesso nel gruppo di piloti che partecipano alla Temporada Argentina di Formula 2. L’occasione gli permette di confrontarsi con i piloti europei, e al volante di una Brabham BT23 Carlos fa la sua figura. Tanto da convincere l’Automobil Club argentino a prenderlo sotto la sua ala protettrice e ad inserirlo nel programma, coordinato da Hector Staffa e sponsorizzato dalla compagnia petrolifera nazionale YPF, per fargli disputare il campionato di Formula 2 europeo con una Brabham BT 30. La Formula 2 è un campionato molto competitivo dove affermati e smaliziati professionisti corrono ruota a ruota con giovani talenti. Per Carlos è un anno di apprendistato in cui porta a casa 3 punti, frutto di un 5° posto a Hockenheim e un 6° a Jarama. L’anno successivo, sempre al volante della sua Brabham BT30 e poi ad una più aggiornata BT36, dimostra che qualcosa ha imparato, centrando il successo nella gara di Albi e cogliendo tre secondi posti a Hockenheim, Nurburgring e Jarama, a cui si aggiungono una serie di piazzamenti sufficienti a fargli chiudere il campionato al 2° posto, alle spalle dell’asso pigliatutto Ronnie Peterson. Ma il 1971 è anche l’anno del suo debutto in Formula 1: il 24 gennaio, infatti, con una vecchia McLaren M7A dell’Ecurie Bonnier si schiera nel Gran Premio della Repubblica Argentina, gara spot per ottenere la validità nel Campionato Mondiale dell’anno successivo. Sul circuito di Buenos Aires Reutemann piazza la sua vecchia monoposto alle spalle della Matra di Chris Amon (unica vittoria con una monoposto di Formula 1 nella carriera dello sfortunato Paperino dell’automobilismo) e della March di Pescarolo. Gli argentini pensano di aver trovato nel “Lole” un nuovo Fangio. E non solo loro, visto che Bernie Ecclestone, neoproprietario della Brabham, gli offre un volante per la stagione ‘72, al fianco di Graham Hill. Le attese sembrano essere mantenute nella gara d’apertura del mondiale, proprio il Gran Premio di Argentina, dove Reutemann spara un incredibile pole che lascia tutti a bocca aperta. Il sogno non dura molto, perché già al via Jacky Stewart prende il sopravvento con la sua Tyrrell, mentre Carlos, dopo aver lungamente tenuto duro dietro al campione scozzese, è costretto a un pit stop per sostituire le gomme posteriori. Bernie Ecclestone, infatti, gli ha fatto montare due Goodyear a mescola morbida che sulla distanza si rivelano inconsistenti, fino a fargli rimediare una foratura. Al rientro in pista Carlos si ritrova settimo e fuori dai punti. Il pilota argentino si rifà a Interlagos, in una gara fuori campionato che ha l’intento di promuovere il futuro Gran Premio del Brasile. Sul circuito nei pressi di San Paolo Reutemann vince, ma pochi giorni dopo incappa in un brutto incidente con la Brabham di Formula 2 del team Rondel, mentre prova sulla pista inglese di Thruxton. L’infortunio lo tiene lontano dalle competizioni per qualche mese, ma al rientro il magico momento d’inizio stagione sembra essersi definitivamente dissolto nel nulla. La realtà è che Carlos, seppure più veloce e consistente dei compagni di squadra Graham Hill e Wilson Fittipaldi, deve combattere con una macchina poco competitiva. L’unica nota positiva è il quarto posto in Canada. Nemmeno la Formula 2 regala grandi soddisfazioni: alla fine è quarto in campionato, preceduto da Hailwood, Jaussaud e Depailler. Il 1973 mostra segni di miglioramento con due terzi posti in Francia e Stati Uniti, due quarti in Svezia e Austria, due sesti in Inghilterra e a Monza, per un totale di 16 punti che gli valgono il settimo posto in campionato. In Brabham ha ormai lo status di prima guida e non fatica ad oscurare Wilson Fittipaldi, fratello maggiore del più noto Emerson. Nello stesso anno prende parte al mondiale Marche con la Ferrari 312 PB, ma i risultati non sono rilevanti, nella stagione in cui la Matra sembra imprendibile e la squadra di Maranello sa già che nel 1974 l’attività verrà ristretta alla sola Formula 1. In coppia con Tim Schenken ottiene un secondo posto alla 6 Ore di Vallelunga e un altro alla 1000 Km di Monza. Non sono le sue uniche esperienze con i prototipi: nel 1971, in coppia con Emerson Fittipaldi aveva preso parte alla 1000 Km di Buenos Aires su una 917 privata del team di Alex Soler Roig. La fortissima coppia sudamericana era stata però costretta al ritiro. Nel 1974 Carlos prenderà parte al mondiale marche con una Alfa Romeo 33 TT 12 in coppia con Rolf Stommelen, piazzandosi al posto d’onore al Nurburgring e ad Imola. E proprio il 1974 sembra essere molto promettente per quanto riguarda la Formula 1: il geniale Gordon Murray, ingegnere proveniente dal settore missilistico, firma un’auto originale e di assoluto valore tecnico come la BT44. Con la nuova arma Carlos va a cogliere il primo successo in carriera nel Gran Premio del Sud Africa. La cura Ecclestone comincia a sortire i suoi effetti. Segue un terzo posto al Nurburgring, un’altra vittoria in Austria. Nel Gran Premio degli Stati Uniti, ultimo della stagione, il dominio è pressoché totale, con Reutemann che conquista pole position e vittoria restando sempre al comando della corsa. La mancanza di affidabilità e i frequenti ritiri impediscono di raccogliere risultati migliori, ma va anche detto che le vittorie in Sud Africa ed Austria sono state propiziate dal ritiro delle Ferrari in testa. Reutemann e la Brabham sembrano due realtà in crescita, ma nell’orbita della squadra di Ecclestone è arrivato un altro focoso talento sudamericano, Carlos Pace, che entra subito nelle simpatie del patron e nel 1975 si dimostra spesso più veloce sul giro singolo del compagno di squadra, anche se non ha ancora la sua attitudine a restare fuori dai guai e la stessa consistenza mentale in gara. In Argentina Reutemann potrebbe vincere, ma noie al cambio della sua BT44B lo obbligano a rallentare il ritmo e ad accontentarsi del terzo posto. In Sud Africa è secondo in griglia e secondo al traguardo, mentre in Spagna è ancora terzo. Quindi ancora un terzo e un secondo ai Gran Premi del Belgio e di Svezia, un quarto in Olanda e una sonante vittoria al Gran Premio di Germania, complici i problemi di pneumatici che hanno afflitto tutti i principali protagonisti della corsa. Infine c’è un quarto posto in Italia che chiude una stagione di grande regolarità, anche se priva di acuti. Fa ben sperare l’arrivo per il 1976 del 12 cilindri boxer Alfa Romeo, che dovrebbe portare la Brabham a rivaleggiare in termini di potenza assoluta con i motori di Ferrari e Matra. Purtroppo il motore progettato dall’ingegner Carlo Chiti e derivato dall’unità che spinge le vincenti sport prototipo del Biscione, non dà i risultati sperati in termini di affidabilità, a cui vanno aggiunti problemi di installazione nella nuova monoposto Brabham, la BT45. In mezzo ad una sequenza di ritiri e brutte prestazioni spicca soltanto un misero quarto posto in Spagna. Ci vuole pazienza ma Carlos non ne ha. La sua carriera l’ha sempre vissuta in crescendo e dopo cinque stagioni in Brabham è venuto il momento di cambiare aria, anche perché il treno che gli sta passando sotto il naso e di quelli su cui non si può rifiutare di salire. Dopo il gravissimo incidente al Nurburgring, Lauda viene dato per finito: lo crede la stampa e lo crede la squadra stessa. Scoppia il “totosostituto” e nomi ne circolano a iosa. Tra questi anche quello di Reutemann. Carlos non ci mette molto a mandare a stendere Ecclestone, che lo lascia libero dietro pagamento di una penale. Intanto le cose in Ferrari si sono complicate perché appena Lauda è stato in grado di parlare ha chiesto a Montezemolo se stavano cercando un sostituto. Il futuro presidente della Ferrari ammette che sì, lo stanno cercando e l’austriaco lo secca piuttosto brutalmente: “Male, perché ritornerò prima di quanto pensiate”. Figuriamoci quando poi viene a sapere che il sostituto è Carlos Reutemann.
Carlos corre il suo ultimo Gran Premio con la Brabham in Olanda (ritiro per rottura della frizione, tanto per cambiare) e al successivo Gran Premio d’Italia è pronto a saltare sulla Ferrari, solamente che Niki ha fatto uno sforzo terrificante per essere presente a Monza. Così la Ferrari schiera tre 312 T2 sull’autodromo brianzolo. In qualifica Carlos becca tre decimi dal miracolato e miracoloso Lauda, ma riesce a mettersi dietro Regazzoni. In gara finisce 9°, dietro a Regazzoni (2°) e Lauda (4°). Dopo il Gran Premio d’Italia, Reutemann ha concluso la stagione e può andarsene tranquillamente in ferie. L’unico che si sta domandando con qualche angoscia che accidenti sta succedendo è il povero Regazzoni, che per prima cosa non capisce perché, con Lauda fuori combattimento, la Ferrari non lo abbia appoggiato con più decisione per fargli portare a casa il mondiale, e poi s’interroga su cosa diavolo centri questo benedetto Reutemann, che salta fuori al Gran Premio d’Italia e poi si dissolve nel nulla. In squadra gli dicono di stare tranquillo e infatti a fine stagione gli fanno fare le valigie verso quel “missile” della Ensign.
Così Carlos si ritrova nella squadra che al momento sembra avere la supremazia tecnica necessaria a portarlo verso un titolo che gli sembra ormai alla portata delle sue capacità. Ma essere un pilota della Ferrari non è mai facile: ti porta grande popolarità ed è di per sé una consacrazione del tuo talento, però poi ci devono essere i risultati, altrimenti a Maranello c’è un capo e fuori una stampa che non fanno sconti. Per Carlos non sarà un’esperienza facile, anche per via di un compagno di squadra che è sì ferito dall’incidente e poi dalle vicende del Fuji che hanno chiuso la stagione precedente, ma non certo finito né domo. Sia Reutemann che Lauda vogliono il titolo e almeno inizialmente l’argentino si dà parecchio da fare per ingraziarsi i favori della squadra. Il terzo posto in Argentina e la vittoria nel Gran Premio del Brasile sembrano essere di buon auspicio, ma poi i risultati calano: due secondi posti in Spagna e Giappone, due ulteriori terzi a Montecarlo e in Svezia, due quarti in Germania e Austria oltre a tre sesti posti in Francia Olanda e USA est. In tutto fanno 42 punti che bastano per il quarto posto in campionato. Perché Lauda è stato semplicemente perfetto e all’altezza della sua fama di “ragioniere”, infilando tre vittorie in Sudafrica, Germania e Olanda, massimizzando poi ogni situazione a proprio favore, sfruttando le sfortune e le debolezze degli avversari, picchiando duro quando ne valeva la pena e restandosene al coperto quando riteneva di aver raggiunto il massimo ottenibile. E poi nella festa si sono intromesse la Wolf di Scheckter e la Lotus di Andretti che a tratti sono risultate imprendibili. A Montecarlo la squadra fa bere all’argentino l’amaro calice degli ordini di scuderia: alle sue spalle sta rinvenendo fortissimo Lauda. Seguono attimi d’incertezza quando le due rosse si avvicinano, ma un ordine dal muretto apre la porta all’austriaco che è più veloce. A Carlos non resta che puntare sul 1978: via Lauda, nessuno gli può contendere il ruolo di prima guida all’interno della squadra. Non certo il giovane Gilles Villeneuve, che seppure prodigioso, sembra ancora troppo acerbo per fargli ombra e troppo occupato a demolire Ferrari nel tentativo di capire qual è il limite di una macchina da corsa. Sfortunatamente il 1978 è l’anno delle Lotus 78 e 79 a effetto suolo: ciò che non vince Andretti lo vince il suo compagno di squadra Peterson. E ciò che non vince la Lotus lo vince la Ferrari di Carlos Reutemann. Il resto sono solo avanzi. L’unica arma vincente che la Ferrari può mettergli a disposizione è rappresentata dalle nuovissime gomme a carcassa radiale della Michelin, che su certe piste riescono a fare la differenza anche nei confronti del misterioso quanto efficace effetto suolo delle nere Lotus. Accade in Brasile, sul nuovo circuito di Jacarepagua, dove Carlos domina incontrastato. Accade nuovamente a Long Beach, dove il predestinato sembra essere Gilles Villeneuve: il canadese però sbatte violentemente contro Regazzoni nel tentativo di doppiarlo, lasciando via libera all’argentino. Nelle ultime fasi della corsa Carlos dovrà difendersi dai violenti attacchi della Williams di Alan Jones. Reutemann potrebbe vincere anche a Montecarlo se non sciupasse la brillante pole position con un’uscita di pista che lo costringe a rincorrere nelle retrovie. A Brands Hatch sembra impossibile espugnare la roccaforte dei team inglesi, ma tra guasti che eliminano i principali contendenti e un’involontaria incertezza di Bruno Giacomelli su McLaren, che in una fase di doppiaggio ostacola la Brabham di Lauda consentendo all’argentino di proiettarsi in testa alla corsa, l’impresa incredibilmente riesce. Poi ancora una vittoria al Watkins Glen, con un bel sorpasso su Andretti ad appena due giri dal via. Nel carniere vanno messi anche tre terzi posti in Belgio, Italia e Canada. Nel complesso è la sua stagione più bella ma vissuta male per l’impossibilità su certe piste di opporsi alla supremazia delle Lotus. E’ il momento del “Gaucho triste”, come lo chiamano i suoi detrattori, che si aggira per il paddock alla ricerca della misteriosa ricetta per arrivare al titolo. Ci vuole pazienza ma Carlos ancora una volta preferisce prendere la porta e andarsene. Litiga con la Ferrari e approda alla corte di Colin Chapman, nella certezza che la Lotus possa fornirgli la vettura vincente. Il passaggio pare sia propiziato dalla Goodyear, interessata ad avere un pilota con esperienza sulle gomme Michelin. Ma alla Lotus c’è la 80, uno stupendo aborto che estremizza l’effetto suolo rivelandolo incontrollabile. Ci fa pochi giri, la boccia e non ci vuole mettere più un piede sopra. Ha ragione, perché Andretti che si sforza di svilupparla alla fine dovrà arrendersi. Ma la Lotus 79 rimessa frettolosamente in pista non è più all’altezza della concorrenza. Beffa delle beffe il titolo va alla Ferrari di Jody Scheckter. Arriva un 2° posto in Argentina e un altro in Spagna, due terzi in Brasile e a Montecarlo, un 4° in Belgio e per il resto solo amarezze. Con Colin Chapman non si buttano le braccia al collo e pertanto Carlos prende la porta e se ne va in Williams, al posto del solito Regazzoni.
La FW07 è una delle tante copie carbone della Lotus 79, ma è fatta bene, meglio di tante altre e forse anche dell’originale. Già nel corso del 1979 si è dimostrata come un avversario temibile. Alla Williams però c’è anche un pilota ostico come Alan Jones, un mastino ringhioso di quelli che t’azzannano alla caviglia e non ti mollano più. L’australiano è la prima guida e non c’è molto da discutere sul suo status. Carlos sa perfettamente che è stato ingaggiato esclusivamente per aiutare Jones a vincere il titolo. L’argentino mantiene fede all’impegno e si porta a casa un’altra vittoria, questa volta al Gran Premio di Montecarlo, dopo che l’apparentemente imprendibile leader della corsa, Didier Pironi, sciupa tutto sbattendo violentemente sotto la pioggia. Al suo palmares aggiunge anche tre secondi posti in Germania, Canada e USA East, quattro terzi in Belgio, Gran Bretagna, Austria e Italia, un quarto posto in Olanda, un quinto in Sud Africa e un sesto in Francia. Tutta acqua al mulino di Frank Williams e Alan Jones, che hanno sofferto con ansia la brillantezza del giovane Piquet e della sua Brabham. Pertanto Carlos decide che il 1981 deve essere il suo anno. Basta fare il maggiordomo!
Il Gran Premio USA Est vede Jones e Reutemann conquistare una doppietta nell’ordine gerarchico della stagione precedente. Ma in Brasile, una volta presa la testa della corsa, Reutemann se ne infischia degli ordini di scuderia che lo invitano a far passare la monoposto gemella dell’australiano, il quale la prende molto male. Al punto da non presentarsi sul podio. E’ l’inizio di una guerra tra i due piloti, con Frank Williams che sembra tenere le parti all’australiano. Alla fine saranno tutti e tre perdenti. In Argentina Reutemann è secondo dietro a Piquet. A San Marino vince ancora Piquet mentre Reutemann e terzo, ma in Belgio è la Williams dell’argentino ad agguantare la coppa del vincitore. A Montecarlo entrambi i contendenti restano a secco e per Nelson la magra continua anche in Spagna, mentre Carlos racimola un quarto posto. In Francia Piquet è terzo e Reutemann fuori dai punti. In Gran Bretagna l’argentino è secondo dietro la McLaren di Watson, mentre Piquet rovina la sua corsa con un’uscita di pista. In Germania Piquet vince e Reutemann resta a piedi tradito dal motore. In Austria Piquet è terzo e Reutemann quinto: il vento sembra soffiare dalla parte del brasiliano che è ancora secondo in Olanda, mentre l’argentino va a vuoto. Al Gran Premio d’Italia Piquet corre in terza posizione dietro alla Williams di Jones, mentre Reutemann segue il brasiliano in quarta posizione. All’ultimo giro del Gran Premio il motore della Brabham rende l’anima: Piquet piange nell’abitacolo e Carlos litiga furiosamente con la sua squadra, che non ha imposto a Jones di lasciarlo passare. Frank Williams obietta che all’ultimo giro non c’era tempo per organizzare un gioco di squadra. In Canada Piquet coglie la pole con Reutemann secondo, ma al via della corsa l’argentino rimedia una ruotata dal compagno di squadra Jones (che per la verità in quella stagione, cattiverie a parte, combina pochino) e con una macchina danneggiata chiude decimo con Piquet quinto. L’ultimo atto della stagione si svolge a Las Vegas, su un circuito ricavato nei parcheggi del Caesar Palace Hotel. In qualifica Reutemann conquista la pole, ma al suo fianco si ritrova il compagno di squadra Jones. Carlos non è tranquillo e non solo per questa pericolosa vicinanza dell’australiano: la mattina della domenica, dopo il warm up, lamenta qualche cosa d’indefinito che non va sulla sua macchina. I meccanici controllano la monoposto, ma non risulta nulla di significativo. Al via della corsa Reutemann si fa beffare da Jones e pian piano retrocede fino alla nona posizione. A Piquet basta un quinto posto per vincere il titolo e ce la fa per un soffio, stremato dal caldo torrido che lo ha sfiancato. Carlos perde il campionato per un punto, 50 a 49, mentre Jones, festeggiando la vittoria e la fine della sua carriera nelle corse, si fa beffe dell’argentino con dichiarazioni corrosive: “Adesso al bel Reutemann non resta che partecipare all’elezione di Miss Argentina.” Carlos ne ha abbastanza e annuncia il ritiro, ma poi ci ripensa e nel 1982 si ripresenta al via della nuova stagione. In Sud Africa raccoglie ancora un secondo posto dietro alla Renault di Prost, ma in Brasile finisce fuori dopo un urto con Arnoux. E’ il momento di dire veramente basta e in questa decisione sembrano pesare anche vicende extra sportive, come lo scoppio della guerra tra Argentina e Inghilterra per il possesso delle isole Falkland: pare che Carlos trovi poco conveniente la sua militanza in una squadra inglese. Torna a casa a badare alla sua fattoria, ma con le macchine non ha ancora del tutto chiuso: nel 1986 la Peugeot gli mette a disposizione una potente 205 T16 per disputare il Rally di Argentina, dove chiude al terzo posto. Non è la sua prima esperienza nei rally, perché nel 1980 aveva già partecipato al Rally Codasur con una Fiat 131 Abarth, finendo terzo anche in quell’occasione. Negli anni ’90 arriva la politica: il Presidente Carlos Menem convince Reutemann a candidarsi al governatorato della provincia di Santa Fe sotto le insegne del Partito Giustizialista. Dopo il primo mandato, durato dal 1991 al 1995, non può più ricandidarsi, ma sale nuovamente al potere per il quadriennio 1999 – 2003, un periodo non felice per l’Argentina sconvolta da una terribile crisi economica che ha cancellato la patina di benessere e liberismo economico dell’era Menem. Ma il nostro è subito abile a capire da che parte tira il vento e non ci mette molto ad entrare nelle grazie del nuovo Presidente Nestor Kirchner, per il cui partito, il Fronte per la Vittoria, conquista un seggio in senato nelle elezioni del 2003. Più volte si è fatto il suo nome come candidato per la presidenza, ma lui sembra più interessato a coltivare la sua terra e godersi la nuova famiglia, dopo il divorzio dalla precedente moglie, Mimicha, che lo aveva accompagnato negli anni della sua carriera sportiva e gli aveva dato due figlie. Se la sua carriera politica rimane un capitolo aperto, quello riguardante la sua esperienza di pilota è ormai chiuso da tempo: in tutto ha partecipato a 146 GP iridati, partendo 22 volte dalla prima fila, di cui sei dalla Pole Position. Ha collezionato 12 vittorie, 13 secondi posti, 20 terzi a cui vanno aggiunti 21 piazzamenti nei punti e 4 giri più veloci in gara. A un palmares di tutto rispetto manca il titolo iridato, e a chi gli domanda se nutre rimpianti Carlos risponde: “quando penso a quello, ricordo che dovevo cavalcare per andare a scuola, e da lì ero arrivato ad essere un pilota di Formula 1: questo risultato nessuno me lo toglierà.” Il mondo degli altri è spaccato in due: per i detrattori rimarrà sempre come il “Gaucho triste” e per gli ammiratori semplicemente “Lole”.
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