Se si dovesse stilare una classifica dei piloti più "fuori" nella storia della Formula 1, James Hunt, campione del mondo nel 1976 con una McLaren M23D, vi si troverebbe saldamente in testa James Simon Wallis Hunt, nato il 29 agosto 1947, dimostrò un temperamento turbolento ed iperattivo fin dalla più tenera età. Da ragazzo riuscì a diventare un buon giocatore di tennis e squash. Le glorie sportive, aggiunte ad un'oggettiva bellezza personale, gli consentirono l'inizio di una precoce carriera di tombeur de femmes. Le macchine arrivarono molto più tardi: nel suo diciottesimo anno gli venne consentito di partecipare ad una gara club, e qui scoccò la scintilla fatale. Contro il volere della famiglia, James decise che avrebbe fatto di se un pilota di Formula 1, prospettiva decisamente più avventurosa che finire gli studi in medicina da poco iniziati. Racimolò una Mini, la elaborò personalmente e nel 1967 si iscrisse ad una gara club: non venne ammesso, perché nel suo bolide, al posto di un vero sedile da pilota, c'era una vecchia sedia da giardino opportunamente adattata. L'anno successivo riuscì a comprarsi una monoposto per correre nella Formula Ford 1600, e lì iniziarono i guai: più che per la pista, James sembrava portato per il fuoripista, al punto che nell'ambiente gli appiopparono il poco incoraggiante soprannome di "Hunt the Shunt". Riuscì a demolire anche la macchina di famiglia, e durante una corsa la sua monoposto finì dentro un lago: fortuna volle che non potesse permettersi le cinture di sicurezza! Vinse anche una corsa e l'anno dopo passò alla Formula 3, dove sarebbe rimasto fino al 1972, conquistando in tutto otto vittorie. Mentre lui fracassava macchine, Emerson Fittipaldi, Ronnie Peterson e Niki Lauda passavano per il campionato di Formula 3 inglese e spiccavano rapidamente il volo per la Formula 1. Nel 1972 riuscì a farsi ingaggiare dal team ufficiale di Formula 3 della March, ma a causa del suo carattere sfacciato e delle piccole furbizie di Mosley e soci, le parti si mandarono fragorosamente a quel paese dopo poche gare. Fortunatamente, James incontrò sulla sua strada l'uomo che gli avrebbe cambiato la vita: Lord Thomas Alexander Fermor Hesketh, terzo barone di Hesketh. Giovane ed eccentrico milionario inglese, Hesketh aveva costituito un team di Formula 3 che era la favola dell'ambiente per i fiumi di champagne che vi scorrevano, e lo stuolo di belle donne che presenziava alle corse. Un team piuttosto deconcentrato, dunque. Con l'ingaggio di Hunt il parco macchine della squadra si trasformò in un parco rottami, ma Hesketh aveva una fiducia enorme in James e decise di portare il team in Formula 2. Se ne stufò ben presto e, nel 1973, comprò una vecchia Surtees da Formula 1 con l'idea di passare alla massima categoria. Il debutto nella Corsa dei Campioni fu piuttosto promettente e Hunt riuscì ad agguantare un meritato terzo posto. Quindi Hesketh noleggio una March 731 ed iscrisse la squadra al Gran Premio di Monaco. La pessima fama del team e quella non meno preoccupante di James precedettero l'arrivo in Formula 1: i senatori del campionato si sbudellarono dalle risate ed attesero che si verificasse il disastro. Invece, con un bidone di macchina come la 731, Hunt ottenne un terzo posto in Inghilterra ed un brillante secondo negli Stati Uniti, dietro alla Lotus di Ronnie Peterson. Per il 1974 Hesketh gli mise a disposizione una monoposto costruita in casa, la 308, progettata dall'astro nascente Harvey Postlethwaite. Hunt raccolse tre terzi posti e vinse l'International Trophy. Nel 1975, con versioni evolute della monoposto, James ottenne numerosi podi e nel GP d'Olanda arrivò la prima agognata vittoria. Con queste prestazioni il pilota inglese non riuscì a cancellare del tutto la nomea che si era fatto nei primi anni della sua carriera, ma vi sovrappose la fama di pilota tenace e molto veloce: un vero osso duro.
Era coriaceo in pista e fuori, non mancando mai di rendere noto il suo pensiero, spesso in tono polemico. I suoi colleghi lo sopportavano come si può sopportare un paio di mutande di lana. Ma con i suoi atteggiamenti, calcolatamente selvaggi, sciatti e sofisticati al medesimo tempo, James diventò probabilmente il primo vero divo nella storia della Formula 1: rifiutava qualsiasi abito che non fosse un paio di jeans sdruciti ed una camicia a fiori. Girava in ciabatte e teneva lunghi quei suoi folti capelli biondi. Fumava 40 sigarette al giorno, beveva come una spugna, ed era sempre accompagnato da fantastiche modelle. Ne sposò anche una, salvo poi divorziare alla velocità della luce. Il 1976 gli portò un offerta che non poteva rifiutare: il volante di una McLaren. Con sei meritate vittorie Hunt portò a casa il titolo, ma passò alla storia come un usurpatore: se Lauda non avesse avuto quel terribile incidente al Nurburgring, difficilmente il pilota inglese avrebbe potuto centrare quell'obiettivo.
Ironia della sorte, Niki Lauda era anche la persona con cui James aveva più legato nell'ambiente della formula 1, ennesima dimostrazione che gli opposti si attraggono. Per la celebrazione della sua conquista del campionato, James si presentò con un'inappuntabile smoking ed un paio di scarpe da tennis ai piedi. Raggiunto il titolo, l'interesse di Hunt per le corse iniziò a scemare progressivamente: nel 1977 raccolse ancora tre vittorie, ma l'anno successivo la sua M26 non era più in grado di tenere il passo delle Lotus ad effetto suolo, che dominavano in lungo ed in largo. Continuava invece la sua carriera di sex simbol, conteso dalle donne e dalle riviste patinate. Per il '79 decise di passare alla Wolf, ma ne aveva ormai le scatole piene di correre. Al di là degli atteggiamenti esteriori, era ben consapevole di quanto aveva rischiato nella sua turbolenta carriera, e sapeva di essere sul ramo discendente della sua parabola. Al Gran Premio di Montecarlo di quell'anno, là dove era iniziata la sua carriera in Formula 1 nel non troppo lontano 1974, fece improvvisamente esplodere la bomba del suo ritiro. Sparì dalla circolazione per tentare la carriera di agricoltore: l'esperienza si concluse in maniera fallimentare ed in qualche modo James tornò al mondo delle corse. Nel 1980 debuttò, infatti, come cronista televisivo: all'inizio non prese molto sul serio la cosa, tanto che durante la sua prima telecronaca si scolò due bottiglie di vino, ma con il tempo diventò un commentatore rispettato ed autorevole. Anche nella sua vita privata cercò di mettere un po' d'ordine, sposandosi una seconda volta: il matrimonio durò un po' più del primo e fu accompagnato dalla nascita di due figli, a cui rimase molto legato anche dopo il nuovo divorzio. Pochi anni prima della morte, la stampa tornò ad occuparsi di lui quando rimediò una multa per eccesso di lentezza, mentre girava in auto per Londra. Fu stroncato da un infarto a 45 anni, il 15 giugno 1993, la sera stessa in cui quella che avrebbe dovuto diventare la terza moglie accettò di sposarlo.
Dissero di lui:
"A me non è mai sembrato un campione di castigata coerenza fra vita privata e sport."
Enzo Ferrari
(Ma a metà degli anni '70, castigato o no, il Commendatore lo avrebbe voluto in squadra).
"In un buon giorno, James era un pilota talentuoso e tenace. E anche se non si può considerare la sua vittoria del campionato come una grande classica, l'opposizione Lauda-Hunt fu comunque accattivante."
Sir Jackie Stewart
"Per me, James Hunt è stata la personalità più carismatica che sia mai esistita in Formula 1."
Niki Lauda
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